Recensioni - Opera

L’Olimpiade vinta da un giovane cast

Caloroso successo dell’opera vivaldiana al Festival Vicenza in Lirica

Secondo pannello del dittico dedicato al “Prete rosso” proposto quest’anno dal Festival Vicenza in Lirica, l’Olimpiade di Antonio Vivaldi ha debuttato in una nuova produzione sabato 5 settembre al Teatro Olimpico.
Caratteristica che distingue questa da molte altre rassegne è l’attenzione nei confronti dei giovani. Ogni anno, infatti, a fianco della programmazione ufficiale, sono previsti masterclass e corsi di perfezionamento tenuti da nomi prestigiosi; ed anche in un periodo difficile come questo il festival ha potuto contare per questa edizione su due fuoriclasse come Barbara Frittoli e Sara Mingardo. E giovanissimi infatti erano i protagonisti di questa Olimpiade, forgiati da un periodo di studio della partitura con Sara Mingardo ed il Maestro Francesco Erle che ha anche diretto la rappresentazione.

Titolo dalla drammaturgia complessa, come solo il teatro barocco riesce ad essere, l’Olimpiade è partitura poco frequentata in Italia e, quando viene proposta, spesso è in forma di concerto. È quindi da ammirare il coraggio con cui Vicenza in Lirica ha deciso di allestire quest’opera in un anno estremamente difficile per lo spettacolo dal vivo. Ovviamente le innumerevoli prescrizioni che incombono in tempo di Covid hanno costretto a limitare di molto l’aspetto scenico-recitativo, ma questo non ha sostanzialmente influito sulla resa finale. Il regista Bepi Morassi ha optato per una regia stilizzata, in cui i personaggi nei candidi costumi neoclassici di Carlos Tieppo e con faccia e capelli interamente coperti di biacca, rappresentavano delle statue che si inserivano nel contesto architettonico dell’Olimpico e si animavano alla presenza di due custodi. Le azioni erano molto contenute e non erano presenti oggetti di scena, ma d’altra parte, quando si recita davanti alla scenografia dello Scamozzi, qualunque orpello in più appare francamente inutile.

Tra i giovani interpreti svettava Emma Alessi Innocenti, Megacle dalla bellissima linea di canto, espressiva e partecipe sia nelle arie che nei recitativi (notevole il suo Misero me che veggo!). Decisamente convincenti anche le prove di Francesca Lione, un’Argene attenta a piegare il canto alle esigenze del testo, e di Patrizio La Placa, un Clistene dal bel timbro di basso, disinvolto nelle agilità e nel registro acuto. Si sono disimpegnati nei rispettivi ruoli anche Daniela Salvo, Aristea dal bel timbro e dalla solida tecnica ma non sempre coinvolgente nell’interpretazione, Sandro Rossi, un Licida veemente ma a tratti discontinuo e Elcin Huseynov efficace Alcandro. Qualche perplessità ha suscitato invece Maddalena De Biasi, Aminta dalla tecnica apprezzabile ma dal peso vocale non sempre adeguato.

Francesco Erle alla testa dell’Ensemble barocco del Festival si conferma concertatore raffinato. L’orchestra, sollecita nel supportare le giovani voci, si è sempre mostrata attenta alle dinamiche, ricca di colori e pulsante di accenti grazie ad una straordinaria ricchezza timbrica.
Inevitabile qualche taglio, per poter ovviare all’impossibilità di un intervallo e rimanere comunque entro le due ore e mezza, ma la decisione non ha minimamente pesato sul pubblico, che al termine si è prodigato in applausi convinti, non solo come riconoscimento per il successo della serata ma anche come augurio per la futura carriera dei giovani interpreti.