Recensioni - Opera

L'IMPRESARIO DELLE SMIRNE al Teatro Nuovo di Verona

“Chi ha preso il gusto del teatro una volta, non sa staccarsene finché vive”: uno spettacolo originale, che ha coinvolto e stupito il pubblico.

L'Impresario delle Smirne del Teatro Stabile del Veneto e di Catania, giunto anche a Verona dopo aver fatto tappa nelle principali città del nord Italia, è una commedia originalissima che mette a nudo, con un pizzico di satira, i meccanismi intrinseci dell'ambiente teatrale.

 

 

La vicenda si sviluppa intorno ad un gruppo di attori degli anni '50, ingaggiati dal ricco turco Alì, per portare a Smirne uno spettacolo teatrale del '700. Il parallelismo con l'idea goldoniana, che vede invece protagonista una compagnia lirica, è indiscutibile, ma la genialità sta nel fatto che De Fusco ha unito al testo originale, le celebri musiche di Nino Rota, composte a metà dello scorso secolo per L'Impresario delle Smirne di Luchino Visconti, fondendole con quelle dei film di Fellini, e trasformando in questo modo la commedia in una sorta di musical. Il risultato è un piacevole viaggio dietro le quinte, dove emergono le debolezze e i vizi degli attori, che sembrano essere solo attratti dal guadagno e che cercano a tutti i costi di essere scritturati, scavalcandosi l'un l'altro, per potersi esibire nella città turca.
Esaurito da tutte le richieste degli attori e dei mediatori, il ricco Alì finirà con l'abbandonarli, lasciando loro una somma di denaro, con la quale formeranno una compagnia in società.
E' solamente nel finale dunque che gli attori si uniscono, placando le loro rivalità e rendendosi conto che è il teatro a colorare i loro animi, altrimenti ridotti a delle indistinte  silhouette nere.
Il testo di Carlo Goldoni prevedeva che l'intera vicenda si svolgesse nelle camere di una locanda veneziana, mentre De Fusco presenta i diversi attori in un ambiente altrettanto intimo, il loro camerino: ogni personaggio entra ed esce dalla scena sopra dei camerini mobili,che donano all'intera azione grande vivacità.
Il vero protagonista dell'intera vicenda è il mondo del teatro e tutti gli attori hanno un ruolo fondamentale per la comprensione dei suoi meccanismi: dal turco Alì, magistralmente interpretato da Eros Pagni, alla affascinante e sensuale  Lucrezia, passando dal napoletano Carluccio, la cui figura è stata resa ancor più spassosa e frizzante da Paolo Serra, alla bolognese Annina e alla veneziana Tognina fino ad arrivare al sensale Nibbio, (Enzo Turrin), anch'egli interessato al denaro, ma l'unico che esprime l'effetto di dipendenza che si può avere stando a contatto con il palcoscenico: “Chi ha preso il gusto del teatro una volta, non sa staccarsene finché vive”.
Dominante è il colore rosso, che investe tutti gli elementi presenti sulla scena, dai vestiti, alle sedie,  fino ad arrivare al drappeggio, di grande effetto, la cui forma ricorda una tenda araba, che, posto sopra il divano del Turco, va ad incorniciare i personaggi, come se si trattasse di un secondo palcoscenico all'interno di quello principale.
E' da sottolineare anche la grande efficacia che ha avuto l'accompagnamento musicale, con il pianoforte di Antonio di Pofi, che ha reso ancor più stretto il legame tra attori e pubblico.
Uno spettacolo dunque originale, che ha saputo coinvolgere e stupire il gremito Teatro Nuovo. 

 


Stefania Malesci (2 dicembre 2009)