Recensioni - Opera

La Fenice di Venezia inaugura la stagione con Flastaff

Il Teatro La Fenice inaugura la stagione lirica con l’ultima opera del Maestro di Busseto, Falstaff, che rappresenta il suo modo di intendere la vita.

La vita va vissuta, senza prendersi troppo sul serio, cercando di coglierne il meglio e di dare il meglio per onorarla. Leonardo da Vinci, in un suo aforisma, disse: “ Come una giornata ben spesa dà lieto dormire, così una vita bene usata dà lieto morire.” Falstaff ce lo ricorda.

La partitura è piena di recitativi, di sottolineature, di basi armoniche che racchiudono tutto il sapere di Verdi, tutta la sua arte musicale sembra condensata in questo capolavoro. E il direttore d’orchestra Myung-Whun Chung ci regala una lettura della partitura piena di sottigliezze, di sottolineature, di frasi musicali, e le sottolineature umoristiche, ma i forzate, diventano la base portante del brio e dell’ironia. Ma fa anche emergere il senso profondo di malinconia che prova una persona che, pur sapendo di aver vissuto appieno, sa di avvicinarsi alla fine della propria vita. L’orchestra ha seguito le indicazioni del direttore e non mi ricordo un suono così compatto e una musicalità così perfetta nelle edizioni di Falstaff che ho avuto la fortuna di ascoltare in precedenza.

La compagnia di canto era molto affiatata, tanto da assistere ad un gioco di squadra perfetto, orchestrato tra gli artisti e l’orchestra, mai troppo esagerato sia nel suono che nel canto. Il baritono Nicola Alaimo ha interpretato il protagonista, Falstaff.  Il suo fraseggio e parola scenica sono state precise, la sua vocalità era perfettamente a suo agio per il personaggio,  La sua arte scenica, misurata , ha divertito il pubblico e fatto apprezzare l’ironia insita nella partitura che ci ricorda che “Tutto nel mondo è burla”. Nel ruolo di Ford Vladimir Stoyanov che ci regala un’altra interpretazione eccellente. La sua voce è come sempre centrata e omogenea, con acuti precisi e parola scenica e fraseggio efficace. Ci porge un personaggio intenso senza sbavature. L’aria “E’ sogno, o realtà” è da ricordare come una grande interpretazione.

Selene Zanetti interpreta Alice Ford : la sua presenza scenica e la capacità di sottolineare il personaggio non ci ha fatto aver nostalgia di altre grandi soprano che interpretarono questo ruolo. E’ stata molto brava a sottolineare la furbizia e la passionale malizia che questo personaggio nasconde nella scrittura musicale. I due giovani amanti erano interpretati dal tenore Renè Barbera, ottimo Fenton, capace di farci apprezzare i virtuosismi del personaggio e Caterina Sala, una Nannetta giovane e sentimentale, con una emissione vocale perfetta e controllata.

Sara Mingardo interpreta Mrs Quickly senza le solite sottolineature esageratamente grottesche. In questo modo ci regala una comare intelligente che sa cosa deve fare sia a livello vocale che scenico. Brava anche Veronica Simeoni come Meg, con la sicurezza interpretativa che contraddistingue questa artista Da ricordare il Dottor Cajus interpretato da Christian Collia, i due “tipi loschi” Bardolfo e Pistola bene interpretati da Cristiano Olivieri e Francesco Milanese.

Meraviglioso il coro preparato da Alfonso Caiani, anche se la parte è piccola.

Ed ora parliamo Adrian Noble, registra britannico con esperienza nel teatro di prosa. E si vede finalmente una regia sobria che ripristina e ci ricorda la bellezza ed eleganza della tradizione. Ambienta Flastaff all’epoca di Shakespeare, mettendolo in scena in un teatro che ricorda il Globe. Se utilizza un espediente già usato, mettere in scena un teatro in un teatro, la cosa funziona.

Nel primo atto assistiamo a Shakespeare che rappresenta “Sogno di una notte di mezza estate” mentre le 4 comari preparano la burla a Fastaff, ma questo non disturba assolutamente la trama dell’opera. Regia molto bella e attenta ai particolari: ne cito uno per tutti. Ad esempio prendiamo la scena di Ford e Falstaff. Quando Ford canta “E’ sogno , o realtà?” le luci si spengono, la scena diventa scura come il suo umore. Quando arriva Falstaff vestito “della festa” per l’incontro che lui crede amoroso con Alice, ecco che improvvisamente le luci si accendono. Questo gioco di luci non rappresenta il momento temporale, in quanto è lo stesso per entrambi, ma bensì la notte e il giorno presente nelle loro anime.  Originalità non è stupire a tutti i costi, ma è creare il bello con poco.

Ricordiamo che le scene sono di Dick Bird, mentre i bei costumi sono creati da Clancy. Come ho già accennato, molto precisi i giochi di luce di Jean Kalman e Fabio Barettin.

Concludendo: finalmente uno spettacolo da ricordare nella sua completezza, canto, musica e finalmente , anche per regia. Ricordare piacevolmente una regia era ovvio, una volta, ora diventa un evento straordinario.