Recensioni - Opera

La Forza è sempre con Anna Netrebko

Grande prova del soprano russo in uno spettacolo inaugurale convincente

Rieccoci all’inaugurazione della Scala. Evento mediatico più che musicale quello del sette dicembre, a cui però seguono le repliche, quelle con il pubblico vero, che non va all’opera una volta l’anno per una passerella di vestiti firmati.

Questo pubblico, numeroso e con molti ospiti stranieri, ha tributato un successo incondizionato alla Forza del Destino di Giuseppe Verdi, diretta magistralmente da Riccardo Chailly, applaudendo calorosamente tutti gli interpreti e tributando lunghe ovazioni alla protagonista della serata: Anna Netrebko.

La Forza è con lei! Non quella del Destino né quella dei Jedi di George Lucas, ma quella tutta umana di un’interprete raffinata, intelligente, sicuramente dotata naturalmente, ma dalla tecnica ferrea e inappuntabile. Quella di un’attrice magnetica, coinvolta e coinvolgente. Un faro in palcoscenico sia quando canta, sia che si limiti ad indossare un saio in scena nell’intermezzo sinfonico prima della “Vergine degli Angeli”. Ipnotico il gesto perentorio su “Pace mio Dio” nell’ultimo atto, magici i filati e le mezze voci, sciabolanti gli acuti. Un artista da vedere dal vivo, a teatro, con buona pace di chi si nasconde nella nostalgia di registrazioni da studio vecchie di decenni. Non occorre aggiungere altro, gli appalusi parlano da soli.

Di grande livello anche il resto del cast, a partire dal Don Carlo di Ludovic Tezier, un maestro di canto nobile e sulla parola, che si muove in scena con superba compostezza. Questa è la sua cifra stilistica, il gesto studiato a cui si unisce un calibrato controllo vocale. Ottima l’esecuzione di “Urna fatale del mio destino”, a cui vengono tributati calorosi applausi. Luciano Ganci sostituiva il previsto Brian Jagde senza deludere. Supera la parte di slancio, fraseggia in modo appropriato, recita con sufficiente coinvolgimento e convince il pubblico scaligero.

Alexander Vinogradov impersona con autorevolezza il Padre Guardiano, forte di una voce profonda e armonica, tipicamente russa. Spigliata e incisiva la Preziosilla di Vasilisa Berzhanskaya, divertente e sfaccettato il Melitone di Marco Filippo Romano. Fra i comprimari si segnalano il preciso e inarrivabile Trabuco di Carlo Bosi e il Chirurgo di Xhieldo Hyseni.

Riccardo Chailly si trova perfettamente a suo agio con la partitura verdiana e dalla buca sgorgano sonorità precise e coinvolgenti, tempi serrati sempre in ottimo connubio con i cantanti in palcoscenico. Perfetto come sempre il coro diretto da Alberto Malazzi.

Leo Muscato alla regia, coadiuvato dalle scene da Federica Parolini e dai costumi di Silvia Aymonino, ha avuto la buona idea di usare la pedana rotante per sottolineare i numerosi passaggi temporali, facendo procedere i cantanti insieme al rollare della pedana, come se effettivamente si muovessero nel tempo dilatato dell’intricato e improbabile libretto. Il primo rondò di Preziosilla, con l’esercito in movimento, è risultato particolarmente efficace in questo senso.

Per il resto la regia è tradizionale e oleografica, con la stanza di Leonora nel primo atto, il convento in rovina, il campo di Hornachuelos, sempre illustrati in modo naturalistico, a tratti polveroso, con alberi finti, soglie in pietra e terreni più o meno accidentati. Le scene di insieme si aprono in quadri di gruppo statici e in posa, che hanno ben poco di originale, tanto quanto la classicissima processione di frati con candele in mano che pare uscita da un allestimento degli anni cinquanta.

Il tempo non è solo quello fisico degli spostamenti ma anche simbolico, cosicché, nel secondo atto, abbiamo un esercito risorgimentale che grida “Morte ai Tedeschi!”, nel terzo le trincee della prima guerra mondiale e nel quarto la popolazione affamata e questuante di una non meglio precisata guerra contemporanea. Alcuni personaggi, e questa è una buona intenzione, si trasmutano fisicamente nelle varie epoche. Così troviamo nelle trincee della prima guerra mondiale Fra Melitone trasformato in cappellano militare e Preziosilla in crocerossina; oppure nell’ultimo atto si riconosce, fra i cadaveri chiusi in sacchi di plastica, la rossa capigliatura della povera e inizialmente guerrafondaia Preziosilla.

Il tutto concettualmente ben organizzato anche se non proprio di grande originalità. Il resto si limita ad una regia sostanzialmente statica, impostata sulla frontalità e sull’immobilità degli interpreti. Ad onore del regista bisogna dire che l’insieme si lascia guardare e risulta efficace e piacevole nel complesso.

Grandi applausi per tutti nel finale con ovazioni per Anna Netrebko.

Raffaello Malesci (Lunedì 16 Dicembre 2024)