Recensioni - Opera

La Pavana del Moro, un regalo inaspettato

Èric Vu-An nel ruolo di Otello al Teatro Regio

Il Ballet Nice Méditerranée ha presentato a Parma piuttosto eterogeneo: il Grand Pas Classique di Raymonda, La Pavana del Moro e il passo a dieci del terzo atto di Coppelia. Mentre il primo e l’ultimo fanno parte del repertorio più tradizionale, La Pavana del Moro è stata una piacevole rilettura della tragedia shakespeariana.

Il Grand Pas Classique ha aperto la serata con il rosso acceso dei tutù e delle scenografie, contravvenendo un po’ a quelli che sono i colori tipici di questo atto, cioè il bianco o l’azzurro a seconda delle diverse versioni, ma la cosa non ha arrecato gran disturbo. La coreografia di Petipa è stata rivista da Èric Vu-An, direttore artistico della compagnia, che l’ha “francesizzata” più di quello che avrebbe saputo fare lo stesso Petipa. Sono davvero poche le occasioni di vedere rappresentato questo titolo in Italia e quindi è difficile avere la possibilità di confrontare le diverse versioni; da poco è stata rimontata al Teatro alla Scala ad opera di Sergej Vikharev e proprio quest’anno è girata in tour la versione del Balletto dell’Opera di Kiev, ma forse la coreografia più bella rimane ancora quella rimontata da Grigorovich per il Bolshoi. Magnifica ed altrettanto sconosciuta la musica di Glazunov. Gli interpreti, tutti molto giovani, sono stati tecnicamente capaci di affrontare i ruoli loro assegnati dimostrando di avere un livello di corpo di ballo omogeneo.
La Pavana del Moro con l’elegante coreografia di José Limòn ha saputo incantare il pubblico per la dolcezza della sua musica e per la semplicità dei gesti. Il pezzo è ispirato alla tragedia scritta da Shakespeare ed ambientata tra Venezia e Cipro. La scelta musicale è decisamente colta ed inusuale, ma sicuramente riuscita anche per il contesto geografico di appartenenza. La coreografia viene inizialmente impostata come una danza del basso medioevo o primo rinascimento e gli interpreti muovono le gambe con  dei ronds de jambe a terra come per spostare un pesante strascico dell’abito o un lungo mantello. Come in tutte le danze di corte del periodo, gli uomini si scambiano con le donne seguendo dei disegni geometrici ben precisi e ripetendo più volte gli stessi schemi. Poi, ad un certo punto, ecco apparire il candido fazzoletto, l’oggetto del contendere. Desdemona, interpretata dall’eterea Céline Marcinno, gioca con quel piccolo ritaglio di stoffa bianca che firmerà la sua condanna a morte per mano del marito, il geloso Otello. Il momento più toccante della scena è stato quando i corpi dei traditori, Iago ed Emilia (Andreas Heras Frutos e Paula Acosta Carli), si sono spostati lateralmente per lasciare vedere il cadavere dell’innocente Desdemona, deposta come l’Ilaria del Carretto scolpita da Jacopo della Quercia. Èric Vu-An vestito dei panni di Otello ha saputo caricare la scena della morte con una drammaticità tale da lasciare gli spettatori col fiato sospeso. Bravi e applauditissimi davvero tutti e quattro i ballerini.
Il divertissement del terzo atto di Coppelia ha chiuso un po’ in sordina lo spettacolo, smorzano l’entusiasmo che il pubblico aveva dimostrato in precedenza. L’allestimento ed i costumi riprendono quelli dell’Opera di Parigi, anche se non è chiaro il senso finale dell’avere due produzioni francesi del tutto identiche. Bravi Paula Acosta Carli nel ruolo di Swanilda e Alessio Passaquindici in quello di Frantz.

Sonia Baccinelli  19 maggio 2013