Recensioni - Opera

La tempesta nell’anno della crisi

La nuova produzione di Valerio Binasco del capolavoro shakespeariano spettacolo di punta dell’Estate teatrale Veronese

Meraviglioso e coinvolgente l’inizio dello spettacolo, nel quale la tempesta non viene “rappresentata” ma noi pubblico la leggiamo negli occhi sbigottiti dei naufraghi che la stanno osservando. Una tempesta che potrebbe essere una nuova guerra o lo scoppio di una centrale nucleare o il crollo delle borse o qualunque altra delle angosce con le quali ci confrontiamo ogni giorno. La tempesta quindi non è fragore ma silenzio, e per questo fa ancora più paura.
Dopo che tutto è stato spazzato via  bisogna ripartire da zero, così come la Popular Shakespeare Kompany è partita a costo zero con scenografie prestate e attori mossi solo dalla voglia di fare. Ma come spesso accade in queste circostanze la mancanza di mezzi è stata sostituita da una ricchezza di entusiasmo e di idee che sarebbe qui impossibile elencare in modo esauriente. Oltre al succitato inizio vale però una menzione la sequenza in cui viene apparecchiata la tavola all’inizio della seconda parte: un capolavoro di ironia e di vitalità.
Tutti perfettamente in parte gli attori, che recitano con una dizione molto “sporca”, ricca di cadenze e di inflessioni dialettali, scelta che anziché penalizzare rende ancora più veri e più vivi i personaggi.
Tra i tanti spicca il formidabile Ariel di Fabrizio Contri, caratterizzato come un vecchio afflitto da Parkinson che, una volta ottenuta la libertà, abbandona il sui soprabito liso e la sua maglietta di Superman per indossare una camicia in stile Hawaiano e ritirarsi finalmente in qualche spiaggia tropicale.  Interessante anche il selvaggio Calibano di Gianmaria Martini che all’inizio è seminudo e con lacci che gli avvolgono la bocca (un prigioniero-soldato costretto a combattere suo malgrado?) e che alla fine se ne va con un abbigliamento che lo rende in tutto e per tutto identico a Tom Waits.
Commovente nella sua vitale fragilità la Miranda di Deniz Ozdogan e molto intenso il Prospero di Valerio Binasco che, con grande intelligenza e in netta controtendenza rispetto a certi attori-registi, non costruisce lo spettacolo intorno a sé ma crea una regia corale in cui è il gruppo nella sua totalità ad esprimersi. Un gruppo costituito anche da Andrea di casa, Filippo Dini, Simone Luglio, Fulvio Pepe, Gianpiero Rappa, Roberto Turchetta.
A voler cercare il pelo nell’uovo si potrebbe chiosare che in alcuni casi  i due interpreti di Trinculo e Stefano, ovvero Nicola Pannelli e Antonio Zavatteri, tendono a farsi prendere un po’ troppo la mano dal comico e a stiracchiare le loro scene, ma è un cavillo che non ridimensiona in alcun modo una delle migliori produzioni degli ultimi anni dell’Estate Teatrale Veronese, alla quale va il nostro ringraziamento per avere acceso una piccola ma significativa fiamma nella sempre più buia realtà culturale italiana.

Davide Cornacchione 20/7/2012


Nell’anno forse più critico della crisi economica e culturale che sta interessando il nostro paese, la nuova produzione della Tempesta di Shakespeare firmata da Valerio Binasco per l’Estate Teatrale Veronese ha dimostrato quanto i classici possano essere specchio fedele della nostra attualità.
In un periodo in cui i teatri chiudono e le compagnie si sciolgono, la volontà di costituire un nuovo gruppo –la Popular Shakespeare Kompany- e di affrontare un testo decisamente impegnativo dal punto di vista della produzione quale è la Tempesta è la dimostrazione di come la crisi debba essere vissuta non come momento di arresto ma come punto di ripartenza. Ed infatti questo è uno dei messaggi portanti dell’allestimento in questione: la tempesta che spazza via tutto pone gli uomini di fronte alla loro nudità e li costringe  a rimettersi in discussione e a ricercare nuovi equilibri e nuove armonie.