Recensioni - Opera

L'agente segreto di Joseph Conrad: alle radici dell'oblio storico

il Teatro Stabile di Genova ha presentato un’interessante e per l’Italia inedita proposta di Joseph Conrad “L’agente segreto” con la rigorosa e illuminante regia di Marco Sciaccaluga.

All’interno della stagione di prosa del Centro teatrale Bresciano, il Teatro Stabile di Genova ha presentato un’interessante e per l’Italia inedita proposta di Joseph Conrad “L’agente segreto” con la rigorosa e illuminante regia di Marco Sciaccaluga.

Conrad si sa è maggiormente noto per i suoi racconti e romanzi, ma si è anche cimentato volentieri in poco fortunate riduzioni sceniche delle sue opere. Infatti L’Agente Segreto nasce come romanzo a puntate uscito su una rivista newyorkese fra il 1906 e il 1907. 

 

Solo nel 1921 Conrad, per motivi invero poco chiari, si decide a farne un’opera teatrale intrisa di atmosfere cupe e visionarie che rimandano spesso e volentieri all’immaginario della Londra vittoriana di Jack lo squartatore. Probabilmente fra gli intenti del romanziere conta anche la lusinga di attingere ad un facile successo teatrale che avrebbe portato con sè una buona cassetta economica. Nella scrittura teatrale tuttavia Conrad, da scrittore di razza com’è, abbandona ben presto le lungaggini del romanzo creando un dramma a quadri con alcuni personaggi che appaiono solo per una scena o poco più, magistralmente  intrisi nella crisi del primo novecento tanto da farne monoliti che nella rappresentazione teatrale restano impressi come macigni nella mente dello spettatore. Basti pensare al “professore” in cui echeggiano terrori e terrorismi (nel senso letterale della parola) che faranno tremare tutto il resto del secolo.

 

La piece si ispira ad un fatto realmente accaduto, un presunto fallito attentato anarchico ai danni dell’osservatorio londinese di Greenwich. Conrad vi innesta una sapiente ed intricata storia di spie al servizio di ambasciate straniere, anarchici militanti e incapaci, senza disdegnare il lato sentimentale e l’intrigo politico che sfocia nel affaire mondano e salottiero. La storia è presto detta, l’agente segreto pressato dai debiti e dalle minacce dell’ambasciata straniera per cui lavora sfrutta la sua copertura di infiltrato anarchico per compiere un attentato eclatante spavaldamente suggerito dall’attacché culturale dell’ambasciata nemica. Non riuscendo a convincere il gruppo di anarchici, utilizza il fratello scemo di sua moglie per compiere l’attentato,  quest’ultimo però esplode insieme alla bomba che portava senza riuscire a portare a termine il complotto. Le indagini dei servizi segreti britannici mettono alle strette il nostro uomo che viene poi ucciso dalla moglie stessa una volta rivelatosi come responsabile della morte del fratello.

Al di là della splendida messa in scena di Sciaccaluga e della prova maiuscola di tutto l’ensemble del teatro stabile di Genova quello che colpisce di più del testo è non tanto l’attualità della tematica, i farneticanti proclami terroristici si assomigliano in ogni epoca, quanto l’oblio storico a cui ci ha condannato l’imperante sottocultura storica. I proclami del professore anarchico, e stiamo parlando del primo novecento, sono un mistura di anticipazioni razziste e di deliri da guerra santa che gli ultimi anni ci hanno abituato a sentire fin troppo di frequente. Udirli a teatro, dalla viva voce di un personaggio che rappresenta, nel bene o nel male, un pezzo di cultura e politica europea lascia una strana sensazione di superficiale colpevolezza. Improvvisamente ci accorgiamo che le parole nella storia possono ripetersi e che noi semplicemente ce le siamo dimenticate. Forse studiare un po’ meglio il terrorismo anarchico dei primi anni del novecento ci aiuterebbe non poco a risolvere molti dei problemi attuali.

Tanto più è pertanto lodevole la scelta se vogliamo ardua e controcorrente di Sciaccaluga, non solo per l’interesse teatrale del lavoro di Conrad ma anche e soprattutto per il suo valore simbolico.

La messa in scena è infatti rigorosa e coinvolgente con una grande scenografia a parete che riproduce di volta in volta il negozio della spia, le strade buie e fatiscenti di Londra, l’obitorio, per poi aprirsi in un ampio spazio aperto nell’atto dedicato per così dire all’intrigo da salotto borghese. Veramente una scena efficace ideata da Valeria Manari così come i costumi eleganti e appropriati. La regia di Sciaccaluga è abilissima nel costruire un susseguirsi di scene serrate come in un film e nell’infondere una recitazione calibrata e naturale in tutti gli attori.

Splendido l’intero cast, credo nessun altro teatro stabile in Italia sappia esprimere con questa costanza degli ensemble coesi e omogenei come lo Stabile di Genova  e questo anche grazie ad una lungimirante politica di formazione scolastica praticata non solo in accademia ma direttamente sulle tavole del palco. Gianluca Gobbi è la spia Verloc incarnata con giusta meschinità e accenti originali nel trovare voci e soluzioni tese alla rottura e alla frammentazione del parlato. Alice Arcuri è una Winnie Werloc appassionata e coinvolta. Magistrale anche l’interpretazione dello scemo Stevie da parte di Vito Saccinto, così come calibratissima quella dell’ispettore Heat di Federico Vanni. Formale e rigoroso Alberto Giusta nella parte di Vladimir e leggermente sopra le righe ma singolarmente credibile e originale nella scelta stilistica il Vice Sovrintendente di Fabrizio Careddu. Ottimi tutti gli anarchici, Nicola Pannelli, Marco Avogadro, Roberto Alighieri, su cui spicca il professore di Aleksandar Cvjetkovic. Funzionali Fiorenza Pieri – La Ragazza – e Orietta Notari – Lady Mabel – quest’ultima tratteggia un breve personaggio dagli interessanti accenti Wildiani.

Uno spettacolo maiuscolo insomma, assolutamente da non perdere.

R. Malesci (13/02/09)