
Il secondo titolo in cartellone allo Sferisterio di Macerata è Rigoletto, una delle opere più amate del cigno di Busseto
Si riprende un allestimento andato in scena nel 2015 e riproposto nel 2019. Il regista Federico Grazzini ha optato per un taglio pulp, mostrando un mondo corrotto, immorale, violento, nel quale i già forti sentimenti dei personaggi verdiani sono esasperati, quasi portati a una sorta di parossismo.
Le scene di Andrea Belli ci fanno dimenticare la tradizionale corte ducale di Mantova e ci accompagnano in un vecchio e abbandonato luna park, dove una gigantesca bocca di un clown inghiotte e sputa un’umanità variegata che popola la nostra storia. Ci sono i cortigiani vestiti come i protagonisti delle iene di Tarantino con maschere, pistole, alcol e trofei femminili, ci sono le prostitute e i travestiti che girano nei viali bui. Rigoletto è un clown che abita in una roulotte parcheggiata ai margini del Luna Park e ogni tanto si toglie i vestiti da buffone per rimanere con quelli di uomo. Sparafucile invece ha abbandonato la sua taverna in favore di un furgone di street food. In perfetta linea con la regia i costumi moderni ed efficaci di Valeria Donata Bettella e le suggestive luci di Alessandro Verazzi, in questa occasione riprese da Ludovico Gobbi.
Impeccabile la direzione di Jordi Bernàcer che nella Form-Orchestra Filarmonica Marchigiana ha trovato un suono accurato e levigato in tutte le sezioni, lontano da ridondanze, equilibrato nei tempi e nei rapporti con le voci. Il Coro Lirico Marchigiano "Vincenzo Bellini" preparato da Christian Starinieri è risultato quanto mai sicuro, preciso, compatto, specialmente in "Scorrendo uniti remota via" nel secondo atto. Bene anche il complesso di palcoscenico Banda Salvadei.
Damiano Salerno, in sostituzione del previsto Nikoloz Lagvilava, è stato un ottimo Rigoletto dalla vocalità solida e omogenea, dizione e fraseggio chiari, ben calibrato nei colori e un’attenzione alla parola scenica. A ciò aggiungiamo una credibile recitazione e un buon gusto nel tratteggiare il dolore lacerante di uno dei più grandi padri verdiani. Efficace nel "Pari siamo", ancora più convincente in "Cortigiani vil razza dannata" e nel tragico finale.
Ruth Iniesta è una Gilda dolce, quasi infantile, fragile nel mostrare i suoi sentimenti feriti. Vocalmente impeccabile, con una morbidezza nei passi lirici, così come nelle agilità, fluide, pulite e una certa grazia nel porgere la frase musicale. Lo dimostra nelle vette cristalline del "Caro nome", nel commovente "Tutte le feste al tempio" e nell'acuto ben centrato della cabaletta "Sì, vendetta, tremenda vendetta".
Ivan Magrì dopo una partenza in sordina, trova la giusta adesione vocale per il Duca di Mantova. Disinvolto in scena, canta con facilità, alternando momenti dove è soave e passionale ad altri più sbruffone e narcisista. Pregevole nel duetto del primo atto, sicuro in "Parmi veder le lagrime" e "La donna è mobile".
Luca Park è un ottimo Sparafucile, dalla voce cavernosa, che si muove senza problemi nella profonda tessitura del suo torvo personaggio. Vocalmente corretta anche la Maddalena di Carlotta Vichi, che unisce il suo bel timbro e i giusti accenti ad una conturbante sensualità. Potente e squillante il Monterone di Alberto Comes, incisiva Aleksandra Meteleva nella doppia parte di Giovanna e la Contessa di Ceprano. Efficaci e precisi anche Giacomo Medici (Marullo), Francesco Pittari (Matteo Borsa), Tong Liu (Il Conte di Ceprano). Completavano il cast Stefano Gennari (Usciere di corte) e Laura Esposito (Paggio della Duchessa).
Una lieve pioggia nel primo atto non è riuscita ad intaccare la bellezza di questa opera, che ogni volta suscita grandi emozioni, come si è intuito dai calorosi applausi che hanno accolto i protagonisti, con vette per Salerno e Iniesta.
Marco Sonaglia (Arena Sferisterio-Macerata 19 luglio 2025)