Recensioni - Opera

Macerata: funziona la Bohème anni settanta

Buon esito scenico e vocale per la ripresa della Bohème di Leo Muscato del 2012

Per i festeggiamenti pucciniani lo Sferisterio Opera Festival di Macerata ripropone Bohème in un allestimento collaudato di Leo Muscato, che aveva debuttato nell’ormai lontano 2012. Scene di Federica Parolini e costumi di Silvia Aymonino.

Il regista sceglie di ambientare la storia durante gli anni settanta del novecento, creando uno spettacolo moderno e colorato, con numerosi rimandi anche alle lotte politiche e alle manifestazioni che infiammarono la Francia fra la fine degli anni sessanta e tutti gli anni settanta.

La soffitta diventa un ambiente colorato e disordinato dove tutti sono vestiti e si atteggiano a hippies, mentre il cafè Momus abbonda di sedie zebrate, di lustrini e paillettes. Il terzo quadro invece riproduce una fabbrica in sciopero con tanto di manifestazione e polizia schierata. Nel quarto torniamo nella soffitta ormai svuotata, per terminare con la morte di Mimì ambientata in un’asettica corsia d’ospedale.

Bohème è un’opera che si presta a molte trasposizioni temporali, che però raramente vanno oltre l’esteriorità della messa in scena e dei costumi, in quanto il libretto e la sequenza degli avvenimenti sono ferrei e concedono poche libertà al regista. Così è anche in parte per l’allestimento di Muscato, ben fatto e accurato, ma inevitabilmente fedele alle scansioni pucciniane del dramma.

Nell’insieme però bisogna sottolineare alcune buone idee, come quella di svuotare la soffitta dei Bohemiens nell’ultimo atto con il ripresentarsi del “povero Benoît”, che finalmente è riuscito a sfrattare gli inquilini morosi. Oppure quella di utilizzare un furgoncino Citroën nel terzo quadro come rifugio d’amore per Marcello e Musetta.

La scelta del finale ambientato in una corsia d’ospedale con tanto di medici che assistono la morente Mimì è di per sé interessante, ma funziona meno, togliendo l’idea di povertà che sottende alla situazione e contrastando palesemente in alcune parti con quanto dice il libretto.

Nel complesso però uno spettacolo riuscito, coerente, che si segue con piacere e risulta efficace in quasi tutte le sue parti. Il merito va sicuramente all’accurata ripresa di Alessandra de Angelis.

Il cast vocale si difende bene, capitanato dall’eccellente Mimì di Mariangela Sicilia, vocalmente sicura e scenicamente appassionata, delinea un personaggio credibile e coinvolgente.

Al suo fianco non delude il Rodolfo del giovane Valerio Borgioni, che sfoggia voce adamantina ben sorretta e sonora, a cui affianca un personaggio credibile e spigliato. Qualche piccola incertezza per lui non offusca una serata ben riuscita.

Marcello era l’esperto Mario Cassi, che da il meglio di sé accanto alla brava Musetta di Daniela Cappiello. Entrambi delineano una coppia ben affiatata e scenicamente credibile. Riccardo Fassi era un Colline spigliato scenicamente ma non sempre chiaro negli interventi vocali, che però si riscatta con una “Vecchia Zimarra” ben eseguita. Completano il cast il professionale Schaunard di Vincenzo Nizzardo, il divertente Benoît di Francesco Pittari e il diligente Alcinodoro di Giacomo Medici.

Non particolarmente brillante la direzione di Valerio Galli, che presenta un’orchestrazione povera di colori e senza l’opportuna teatralità.

Buon successo per tutti gli interpreti a fine serata.

Raffaello Malesci (Sabato 27 Luglio 2024)