Abel Znorko è un vecchio premio Nobel che ha deciso di trascorrere i suoi ultimi anni ritirato su un'isola deserta nei pressi del ...
Abel Znorko è un vecchio premio Nobel che ha deciso di trascorrere i suoi ultimi anni ritirato su un'isola deserta nei pressi del Circolo Polare Artico, tale ormai è il suo disprezzo nei confronti dell'umanità.
La sua routine ormai decennale viene sconvolta dall'arrivo del giornalista Eric Larsen che attraverso delle rivelazioni sorprendenti gli mostra come alcune situazioni esterne, che lui credeva immutate, siano invece profondamente cambiate nel corso del tempo.
Da quanto emerge dai dialoghi, la figura di Znorko, soprattutto nella prima parte, è assimiliabile ad un ibrido tra Thomas Bernard ed Oscar Wilde, pur non manifestando un astio così feroce verso il mondo quale quello dello scrittore austriaco, e non possedendo un'arguzia tanto pungente quale quella del celebre dublinese. Ed in sostanza proprio questo tentare di essere molte cose senza riuscirci sino in fondo è un po' la caratteristica peculiare di questa piéce.
Eric Emmanuel Schmitt costruisce un testo in cui tenta di coniugare una trama ricca di colpi di scena, miranti a sorprendere il pubblico, con con una serie di riflessioni sull'uomo e sul modo di intendere l'amore.
Delle due cose, a mio avviso, nessuna risulta veramente efficace; infatti se da una parte molte sorprese si rivelano in realtà abbastanza prevedibili, dall'altra l'aspetto "esistenziale" del dialogo spesso risulta un po' scontato e fine a sé stesso. Eccezion fatta per il monologo in cu Znorko racconta di come si sia innamorato di una donna per la sua bruttezza e per una sorta di sentimento di rpulsione che questa suscitava in lui, che per il paradosso espresso è di una straordinaria umanità ed intensità, per il resto i due protagonisti danno troppo spesso di parlarsi addosso ricorrendo a massime invero un po' scontate.
Di ben altro livello è invece l'interpretazione offerta dalla coppia Glauco Mauri (Znorko) e Roberto Sturno (Larsen). Si assiste infatti ad uno spettacolo impeccabile in cui i due interpreti dimostrano di essere due eccellenti attori e di saper tenere magnificamente la scena per circa due oresenza mai far calare la tensione un solo istante. Una magnifica lezione di teatro incorniciata in una regia sobria, curata dallo stesso Mauri, che, seppur indulgente nel tratteggiare uno Znorko a volte un po' sopra le righe, merita pienamente il successo di pubblico che da tempo sta riscontrando e che anche a Brescia non è mancato.
Davide Cornacchione 13/02/2002