
Cast straordinario dipinto tra l’azzurro del cielo e del lago
C’è qualcosa di profondamente poetico nel sedersi davanti ad un palco affacciato sull’acqua, con il profilo delle Alpi Apuane sullo sfondo e le luci rosate del tramonto che riflettono le nuvole nel lago. È in questo scenario sospeso tra sogno e realtà che al Gran Teatro all’Aperto Giacomo Puccini di Torre del Lago prende vita Bohème, una delle opere più celebri del compositore toscano.
La regia di Ettore Scola viene ripresa dopo una decina di anni dal debutto dal nipote Marco Scola di Mambro in maniera volutamente tradizionale, ma raffinata. Una Parigi essenziale, evocata, più che mostrata. Le scenografie mobili e leggere di Luciano Ricceri creano la perfetta ambientazione sublimando l’opera pucciniana. Nulla di invadente, nulla che rubi la scena alla musica e alla voce: solo spazi che respirano insieme agli interpreti. I colori tenui, quasi polverosi, riflettono la malinconia e la poesia delle vite che abitano la soffitta degli artisti. L’allestimento nella sua classicità risulta comunque e sempre ricercato quasi raffinato, nonostante la miseria nella quale vivono i personaggi.
Le citazioni del “soleil levant” avvolgono l’allestimento dalla prima all’ultima scena, arrivando finanche a ricomporre il celeberrimo dipinto di Manet dove una giovane nuda conversa a proscenio con due gentiluomini vestiti di tutto punto. Il periodo nel quale Puccini ambienta l’opera viene ricreato con il taglio fotografico di fine Ottocento senza lasciare nulla al caso ed il risultato è assolutamente apprezzabile, oltre che godibilissimo. Gradevoli anche i costumi di Cristiana Da Rold.
Ma il cuore pulsante della serata è stato senza ombra di dubbio il cast internazionale di alto livello. I cantanti hanno restituito con autenticità il fragile equilibrio tra leggerezza e tragedia che attraversa l’opera pucciniana.
Vittorio Grigolo è un Rodolfo straordinario: il suo personaggio è intenso, con un timbro avvolgente ed un’interpretazione che si declina dal gioco alla disperazione con la medesima facilità. La voce rapisce l’orecchio, la scansione di ogni singola sillaba è sicura e la presenza scenica indiscutibile. Calorosi gli applausi al termine di “Che gelida manina” oltre che nei duetti con Mimì.
Il soprano georgiano Nino Machaidze ha interpretato Mimì in maniera toccante nella sua semplicità, commuovendo senza esagerazioni e mantenendo sempre una grazia intima e credibile. Voce potente e brillante.
Molto affiatati anche gli altri membri del quartetto: Marcello (Vittorio Prato), Schaunard (Italo Proferisce), Colline (Antonio di Matteo) e Benoît (Claudio Ottino) hanno dato corpo a una complicità vera, mai caricaturale.
Ilina Mihaylova ha vestito i panni di una Musetta leggera e scanzonata, ma anche di gran cuore nel momento della tragedia. Voce pulita e precisa.
Nel cast anche Matteo Mollica, Francesco Napoleoni, Francesco Auriemma, Simone Simoni.
La direzione del Maestro Pier Giorgio Morandi è risultata morbida e avvolgente, contribuendo ad aumentare la magia di Torre del Lago, luogo dove la natura non sta mai fuori, ma è parte integrante della scena.
Uscendo, tra i sentieri alberati che costeggiano il lago, si ha la sensazione di aver vissuto qualcosa di raro: un’opera che torna alle sue radici, che parla al cuore senza filtri, immersa in uno spazio dove arte e paesaggio si toccano. Un’esperienza che va ben oltre la semplice visione di uno spettacolo.
La prima volta al Festival Puccini è sicuramente una serata indimenticabile. L’aria umida del lago, le stelle sopra la testa, il lieve rumore della brezza alle spalle: ogni cosa contribuisce a creare un’atmosfera sospesa, fuori dal tempo.
Sonia Baccinelli
Gran Teatro all’aperto Giacomo Puccini Torre del Lago - 26 luglio 2025