Recensioni - Opera

Milo Manara per Così Fan Tutte a Jesi

Si alza il sipario per la cinquantaseiesima stagione lirica di tradizione del teatro Pergolesi di Jesi, quest'anno nel segno di Mozart, con l'ultima opera scritta per la trilogia italiana con Lorenzo Da Ponte: Così fan tutte.

Una nuova produzione in collaborazione con la fondazione teatro Verdi di Pisa, fondazione teatro comunale L. Pavarotti di Modena, teatro sociale di Rovigo e opéra-théâtre of Eurométropole de Metz.

C'era molta curiosità per questo spettacolo che vedeva al debutto un maestro della nona arte come Milo Manara, che per l'occasione ha curato le scene e i costumi.

Il tratto tipico di Manara si coglie nei suoi disegni delicati con tinte pastello, ma al tempo stesso giocosi e licenziosi, che animano le quinte, il sipario e il boccascena. Come per incanto si popolano di personaggi mitologici come i satiri, le ninfe, i cupidi, Venere e Apollo, Minerva e Mercurio, gli amori di Giove nelle varie sembianze che diventano gli affreschi della casa di Fiordiligi e Dorabella, oltre a ricordare gli intrecci amorosi tra i personaggi e il mare come elemento costante

Notevole la resa scenica curata dalla mano sicura di Benito Leonori che ha dato un effetto di bidimensionalità con le quinte, i fondali, le porte a scomparsa, piccoli ingegni di macchineria teatrale come le barche e la vasca da bagno. La regia di Stefano Vizioli è attenta alla vicenda, sottolinea bene il ritmo frenetico, gioca sul non detto, sull'ambiguità. Comicità e tragedia, malinconia ed erotismo convivono pericolosamente in un quadro umano per niente consolatorio. Ottimo anche il lavoro di Roberta Fratini nel coordinare i costumi che risultano raffinati e calzanti. Quelli delle due protagoniste poi sono talmente armoniosi da essere in tinta con le scene. Le luci di Nevio Cavina creano un'atmosfera calda e poetica, molto suggestivo l'uso di silhouettes nel secondo atto.

Aldo Sisillo alla guida dell'orchestra filarmonica marchigiana si conferma una bacchetta sicura, capace di trovare i giusti colori ad una partitura alquanto interessante. I tempi sono sempre corretti, lo smalto sonoro dell’orchestra è notevole, con una sezione fiati solida più che mai. Inoltre il direttore è attento alle voci e crea una giusta sintonia tra buca e palcoscenico. I recitativi sono stati accompagnati al cembalo dal maestro Carlo Morganti. Validi gli interventi del Coro del Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno (ridotto a pochi elementi) diretto dal maestro Giovanni Farina e posizionato strategicamente sui palchi di proscenio.

La compagnia di canto è stata scelta con molta cura, a cominciare da Ekaterina Bakanova, una straordinaria Fiordiligi. Il soprano gestisce con successo una parte quanto mai impervia vocalmente, alternando una sicurezza negli acuti e nelle agilità, a suoni gravi ricchi, con un fraseggio curato e un'affascinante presenza scenica. Ottima l’aria “Come scoglio immoto resta" al primo atto e il rondo' "Per pietà, ben mio, perdona" del secondo atto, oltre ai pezzi d'insieme.

Altrettanto credibile è la Dorabella di Lilly Jørstad che crea il giusto impasto timbrico con la collega. Colore più scuro, tecnica solida, interpretazione incisiva. Scorrono senza difficoltà le arie “Smanie implacabili" e "È amore un ladroncello".

Jiri Rajnis ha una possente voce baritonale per il suo Guglielmo. Canto generoso come nell'aria "Non siate ritrosi”, unito a una magnetica presenza scenica. Ferrando trova la voce del tenore leggero Antonio Mandrillo. Le arie "Un'aura amorosa" e “Ah lo veggio, quell'anima bella" sono cesellate con gusto e ottima musicalità, grazie anche alle mezze tinte che donano ulteriore malinconia.

Spassosa, civettuola, energica, la Despina di Francesca Cucuzza. Il soprano dimostra di avere una dizione perfetta, legata ad una vocalità fluida che si coglie nelle arie “In uomini! In soldati" e "Una donna a quindici anni". Bravissima anche nei travestimenti da dottore e notaio, dove cambia con facilità i vari accenti. Notevole anche il Don Alfonso di Emanuele Cordaro. Timbro profondo di basso, risulta determinante nelle scene d’insieme ed efficace nell’aria "Vorrei dir, e cor non ho" del primo atto.

A fine recita grandissimo successo di pubblico, per uno spettacolo di rara bellezza, dove ogni elemento ha funzionato a perfezione, cosa alquanto difficile da trovare anche in teatri blasonati.

Fa ulteriormente piacere che sia successo in provincia e in un gioiello come il Pergolesi.

Prossimo appuntamento venerdì 3 e domenica 5 novembre con "Il barbiere di Siviglia" di Gioachino Rossini.

Marco Sonaglia