Recensioni - Opera

Non basta la gioventù alla Bohème di Operalombardia

Modesto lo spettacolo visto al Teatro Grande di Brescia

Arriva anche a Brescia La Bohème prodotta dal circuito dei Teatri di Tradizione Lombardi, Operalombardia. Si tratta di una messa in scena a cura della giovane regista Maria Luisa Bafunno, vincitrice del progetto registico under 35 per la messa in scena dell’opera, coadiuvata dalle scene di Eleonora Peronetti.

La regista sceglie di attualizzare l’ambientazione, lasciando sostanzialmente invariato lo svolgimento dell’azione, fatta salva l’introduzione di un doppio di Rodolfo, immaginato ormai vecchio, che ricorda gli accadimenti della sua gioventù anche grazie ad una serie di oggetti conservati in una scatola. Questo personaggio è quasi sempre presente, non prende parte all’azione, la osserva da fuori senza aggiungere in verità particolari spunti alla drammaturgia pucciniana.

L’ambientazione è fra l’industriale e il periferico, i costumi a metà fra il trovarobato e il punk. I giovani cantanti sono impostati in maniera classica, seguendo sostanzialmente il libretto, che, a onore del vero, in Puccini è difficilmente aggirabile senza spingersi in una ben più radicale modifica dell’impianto drammaturgico.

Nessun vero “Regietheater” dunque, cosa che forse ci si poteva aspettare da una giovane regista, ma una trasposizione scenografica non particolarmente originale e nemmeno tanto ben fatta. La regista si riscatta con alcune intuizioni efficaci nella lettura del libretto e nella recitazione dei cantanti, ma si tratta di perle sporadiche, immerse in una sostanziale convenzionalità.

Del resto il cast manca di esperienza scenica essendo composto dai vincitori del Concorso Aslico per giovani cantanti lirici. Trattandosi di giovani, e non di cantanti in carriera con molteplici impegni, ci si poteva aspettare una maggiore preparazione scenica, ma dallo spettacolo non si ricava l’impressione che alla produzione sia stato concesso un numero sufficiente di prove per ottenere un risultato accettabile.

Giovane anche il direttore Riccardi Bisatti, che fatica non poco a tenere insieme buca e palcoscenico. Dirige bene, con attenzione, e ottiene ottimi risultati sul versante sinfonico, ma spesso l’insieme è farraginoso e non a fuoco. Non aiuta certo il coro di Operalombardia, decisamente sottotono e poco coeso.

I cantanti sono poco più che allievi, scaraventati in questa avventura. Tutti volonterosi, ma non si può negare che l’insieme non raggiunge la sufficienza. Inutile infierire, concentriamoci sulle potenzialità.

Davide Peroni era Schaunard, l’unico veramente a proprio agio scenicamente e che è riuscito a proporre un personaggio completo e divertente. Il suo canto è corretto e articolato, mancava solo di quel tanto di volume per imporsi su tutti gli altri. Ci è parso di cogliere uno strumento vocale importante e ben impostato nel Marcello di Junhyeok Park, ma il fraseggio e la credibilità scenica necessitano ancora di molto lavoro. Maria Novella Malfatti, Mimì, ha voce da vendere e non ha timore nell’usarla, migliorando il fraseggio e l’aderenza al personaggio avremo in futuro un buon soprano.

Gli altri erano Vincenzo Spinelli, un Rodolfo poco credibile la cui voce difficilmente riusciva a sovrastare l’orchestra. La sua aria “Che gelida manina” è passata in un gelido silenzio del pubblico bresciano. Yeon Do Kim era una Musetta molto acerba, così come il Colline di Gabriele Valsecchi. Professionale Alfonso Michele Ciullia come Benoit e Alcinodoro.

Applausi per tutti nel finale.

Raffaello Malesci (Domenica 13 ottobre 2024)