Recensioni - Opera

Non nascere, ecco la cosa migliore.

Magistrali Glauco Mauri e Roberto Sturno nell'Edipo re e Edipo a Colono al Ponchielli

Edipo Re è senza dubbio una tragedia perfetta nella struttura e nella ideazione drammatica, forse nell’immaginifico collettivo addirittura la tragedia per eccellenza, ma Edipo a Colono, vera conclusione della saga dei Labdacidi con la riabilitazione del protagonista, tocca vertici di poesia altissima con le sue riflessioni sulla morte, sulla vecchiaia e sull’insensatezza dell’esistenza umana.

 

Edipo Re non è parte di una trilogia, bensì un’opera compiuta in se stessa, è il dramma del protagonista, che domina la scena dall’inizio alla fine, determinato nel conoscere la verità fino in fondo. Non è però tragedia del destino, l’eroe è libero nelle sue azioni, per le quali, nell’Edipo a Colono, egli si proclamerà più volte innocente, sottolineando l’involontarietà dei delitti da lui stesso compiuti, sebbene la sua impurità macchiasse tutta la polis. Edipo conosce se stesso attraverso la sofferenza e comprende come potenza, gloria e sapere siano per l’uomo una mera illusione e che nulla esiste fuorché il dolore.

 

La tragedia inizia col protagonista all’apice della propria reputazione e finisce nella desolazione, ma dal punto di vista morale il mito è ascendente come dimostra l’Edipo a Colono che mette in luce gli sviluppi di questa situazione. Proprio per questo l’idea di Andrea Baracco e Glauco Mauri di mettere in scena entrambe le opere in immediata successione si rivela illuminante, in quanto consente allo spettatore di comprendere in pienezza il messaggio sofocleo.
Diverse, ma ben comprensibili solo se visionate simmetricamente, le due ambientazioni: cupa e caratterizzata da colori terragni la prima, nella quale domina a centro scena una fonte d’acqua purificatrice, luminosa nel candore delle vesti e delle scene la seconda.

Magistrali le interpretazioni dei due protagonisti: Roberto Sturno nella prima parte è un Edipo dinamico, a tratti rabbioso, animato da un desiderio ansioso di conoscere la verità, Glauco Mauri, all’opposto, nella seconda incarna un eroe stanco, ma non domo, statico, che fa della parola la sua arma più acuta.
Spettacolo imperdibile, per ricordarci come la sofferenza e il dolore sono elementi connaturati alla vita dell’uomo, ma ne determinano anche la grandezza.

 

Simone Manfredini 27/02/2018