Sobrio e ben riuscito allestimento del capolavoro di Vincenzo Bellini
Norma, capolavoro belliniano la cui influenza da sempre affascina le platee di tutta Europa, ha inaugurato la cinquantesima edizione del Festival 2024, imponendosi con il “tutto esaurito” per le quattro rappresentazioni in cartellone. Una scelta artistica vincente quella operata da Sebastian F. Schwarz e Fabio Luisi nel voler riproporre la versione originale, per due soprani, rappresentata al Teatro alla Scala il 26 dicembre 1831, che non ha mancato, tuttavia, di generare commenti e giudizi divergenti tra i musicofili ancorati al successo dell’immemorabile edizione del 1977. La critica di allora seppe apprezzare il rispetto della tradizione che richiedeva per il ruolo di Norma una vocalità matura, scura, non dissimile da quella di Giuditta Pasta, con abilità di “attrice cantante”, scelta da Bellini per la première nel teatro milanese, e assimilata a quella di Maria Callas, ineguagliabile icona della drammaticità “organica” e massima interprete della sacerdotessa druidica, come di Medea nel capolavoro di Cherubini o nel film prodotto e diretto da Pier Paolo Pasolini (1969). Norma è l’incarnazione di Medea, che infrange il voto di castità e medita vendetta per essere stata abbandonata. L’infausto amore per il proconsole romano, Pollione, e la tragica fine della sua vita sono espressi con massima efficacia drammaturgica nei versi di Felice Romani, librettista di Bellini come di Simon Mayr, per l’opera “Medea in Corinto” (Napoli 1813).
Se la tradizione tardo ottocentesca e novecentesca imponevano la voce di mezzo soprano per il ruolo di Adalgisa, ecco che il Festival della Valle d’Itria, ossequioso all’originalità e alla correttezza filologica dell’opera, restituisce il ruolo di co-protagonista al secondo personaggio femminile dell’opera, valorizzando, pertanto, la coerenza drammaturgica. Norma e Adalgisa non sono rivali perché si riconoscono amiche e compagne “fino all’ore estreme” (Duetto Mira, o Norma, ai tuoi ginocchi) nel destino segnato dall’amore per lo stesso uomo. Due voci di soprano, dunque, per le due figure di donna, quali personaggi centrali dell’opera: Jacquelyn Wagner, al suo primo debutto nel ruolo di Norma, e Valentina Farcas, in quello di Adalgisa. Una certa diversità timbrica, come è giusto che fosse, ha contraddistinto le due voci belcantistiche: limpida, duttile, penetrante ma non pesante, la prima; leggera, eterea, morbida, la seconda.
Tradita e abbandonata dall’uomo che le ha dato due figli, Norma si identifica in Adalgisa, giovane e fragile ministra del tempio dell’Irminsul, anch’essa sedotta da Pollione, come accaduto anni prima a se stessa, sicché i suoi sentimenti di ira e vendetta, dapprima impetuosi ed espressi con minacce verso il traditore, con drammatico ma sopito istinto infanticida, con volontà di rivolta, denuncia e condanna per la giovane confidente, si trasformano nobilitandosi in superiorità etica, che la porterà a sublimarsi nel rogo purificatore, come vittima sacrificale, cui si unirà Pollione, che deciderà di morire con lei per aver compreso e riconosciuto la sua sincerità, grandezza e superiorità morale.
Rogo e quercia, albero sacro ai druidi e alle sacerdotesse per il magico potere di protezione e purificazione, hanno caratterizzato la scena, efficacemente allestita dalla brava Leila Fteita, su un alto e girevole muro, con crepe, a forma di onda, su cui i due elementi hanno preso forma grazie alla proiezione di immagini e video per tutta la rappresentazione. La scenografia rotante, utilizzata a sere alterne anche per l’allestimento dell’opera Aladino e la lampada magica di Nino Rota, le è valso il 47^ premio “Bacco dei Borboni”.
Su cotanta semplicità scenografica, favorente la polarizzazione del pubblico sull’ascolto della musica, hanno riverberato le splendide e lunghe melodie belliniane, magistralmente concertate e dirette da Fabio Luisi. Le sue mani, prive di bacchetta, hanno tradotto la bellezza dei versi e delle romantiche arie belliniane in estatici archi e vertici melodici attraverso il sapiente controllo della dinamica musicale e il ricorso a rallentamenti di inebriante efficacia espressiva.
La preghiera alla luna, “Casta Diva”, aria emblematica dell’opera, scritta in sol maggiore nella versione autografa, ha estasiato il pubblico per la delicatezza e la limpidezza dei suoni e dei versi melodici, cantati con ineccepibile tecnica e bravura da Jacqueline Wagner, anche e soprattutto nel punto di massima altezza e vertice vocale (…a noi volgi il bel sembiante…). Il canto ha affascinato l’uditorio anche per l’accompagnamento strumentale, eseguito con un suggestivo e leggero “pianissimo” dall’ Orchestra del Teatro Petruzzelli di Bari.
Emozionante e coinvolgente è stata l’interpretazione resa da Valentina Farcas nella scena “Sgombra è la sacra selva…Deh! proteggimi, o Dio”. Con impeccabile fraseggio e in perfetta simbiosi con l’orchestra, il soprano ha spiegato una non comune bellezza vocale e delicatezza interpretativa. La straordinaria modulazione e flessibilità della sua voce non è passata in secondo piano nel duetto “Va crudele, al Dio spietato”, con Airam Hernández, nei panni di Pollione, né in quello con Norma “Sola, furtiva, al tempio”. Il tenore spagnolo ha tenuto molto bene la scena esibendo l’amore per Adalgisa con timbro solare e dizione perfetta. E se nella cavatina “Meco all’altar di Venere” la sua voce non era pienamente a fuoco, nel seguito della rappresentazione, come nel terzetto “Ah! di qual sei tu vittima” (Norma, Adalgisa, Pollione) e nel duetto “In mia man alfin tu sei”, si è mostrata con tutta la sua chiarezza e pienezza timbrica e di fraseggio.
Robusta e possente è risuonata la voce di Goran Jurić, basso croato nelle vesti di Oroveso, padre di Norma, cui la donna chiede di prendersi cura dei due figli (Deh! non volerli vittime) e di fuggire a Roma con la fedele Clotilde, interpretata dal mezzosoprano Saori Sugiyama.
Ha confermato l’alto di livello di professionalità il solido e indefettibile Coro del Teatro Petruzzelli di Bari, ottimamente guidato da Marco Medved, posizionato ora dietro le quinte, ora nel fondo della platea, a seconda delle scene e dell’effetto acustico che il regista, Nicola Raab, ha inteso ottenere. La sua regia, molto essenziale, si è rivelata funzionale rispetto alla drammaturgia delle azioni e delle scene.
Completava il cast il tenore Zachary McCulloch, nei panni di Flavio.
Successo confermato dal pubblico con lunghi e calorosi applausi anche nel corso della recita.