Recensioni - Opera

Omaggio a Roland Petit

Un viaggio d’amore sulle note di Čaikovskij coreografate da Ganio

Durante il periodo pasquale al teatro Filarmonico di Verona è andato in scena lo spettacolo “Omaggio a Roland Petit”. Allo spettatore però non è stato chiaro il motivo della scelta del titolo della serata, dato che tutti e tre i brani erano su musiche di Čaikovskij, mentre le coreografie erano di Ganio ed anche la lettura del programma di sala non ha portato ulteriori chiarimenti a tal proposito.

Dei tre pezzi messi in scena, l’unico che possa essere considerato un vero tributo al grande ballerino e coreografo francese è senza dubbio solo l’ultimo, ovvero Il bambino di vetro: narrativo, ma allo stesso tempo permeato dalle “mossettine” tipiche di Roland Petit.
Come le foglie, danzato sulla celebre musica della Serenata per archi, ha risentito enormemente del confronto con la pressoché perfetta e musicalissima coreografia fatta da Balanchine per il New York City Ballet al domani del suo arrivo negli Stati Uniti. Serenade è stato il prima balletto astratto nella storia della danza ed è ancora oggi un capolavoro senza tempo: architetture perfette e gruppi scultorei che si alternano sul palcoscenico sono difficilmente eguagliabili. La coreografia scaligera infatti, seppur firmata da Ganio, è apparsa priva di musicalità e anche le interpretazioni di Picone e della Gelmetti hanno lasciato passare davvero poco.
Decisamente migliore il passo a due di Paolo e Francesca ben eseguito da Amaya Ugarteche e Antonio Russo. Lei è apparsa in buona forma fisica e il sorriso radioso ha senz’altro contribuito ad illuminarle il volto già di per sé raggiante; lui è stato a tratti più cupo in viso, ma entrambi hanno saputo dar vita ai  celebri personaggi danteschi con credibilità. Anche la coreografia di questo passo a due talvolta è apparsa con poca freschezza, quasi che i passi venissero frenati sul nascere.
E finalmente nel secondo tempo riconosciamo l’omaggio a Roland Petit rimontato a Verona da Denys Ganio. Il bambino di vetro ha tenuto viva l’attenzione del pubblico per una serie lunghissima di motivi, in primis la perfetta musicalità ispirata da due celebri maestri, Petit e lo stesso Čaikovskij. La parte narrativa fa riferimento alla vita del musicista morto di colera (o assassinato?) forse perché in questo mondo non c’è ancora spazio per l’amore dei “diversi”. La scena iniziale con il disegno del Cremlino sullo sfondo, vede Čaikovskij ancora bambino che segue il feretro della madre: il dolore per la perdita di un genitore implica di per sé già una certa partecipazione d’animo in chi osserva, ma è tanto più suggestiva e commovente quando si pensa che possa essere provata da un bambino. Seguono le scene del matrimonio, tutt’altro che perfetto viste le inclinazioni dell’artista, fino ad arrivare al ballo dove il compositore e la sua musa esprimono il loro amore spirituale. Il quadro del ballo è stata sicuramente la scena più riuscita della serata e anche quello dove si rivede la mano di Roland Petit.


Sonia Baccinelli 28 marzo 2013