Recensioni - Opera

Otello ritorna al Filarmonico

Dopo quasi trent’anni di assenza il Moro di Venezia iunaugura la stagione invernale della Fondazione Arena.

Dopo la storica edizione del 1990 con Giuseppe Giacomini nel ruolo di Otello, Piero Cappuccilli e Maria Chiara,  ritorna il moro al Teatro Filarmonico di Verona nell’allestimento che aveva debuttato alla Fenice di Venezia per la regia di Francesco Micheli.

 

La messa in scena è trasposta in un non meglio precisato ottocento con appropriati anche se non memorabili costumi a cura di Silvia Aymonino. La scena è divisa fra fondali e quinte che richiamano le costellazioni e un cubo mobile che si apre rivelando la stanza dorata di Otello che però simboleggia anche la gabbia in cui si trova rinchiusa l’ignara Desdemona. Particolarmente azzeccata la scena introduttiva con sapienti giochi di luce e di chiaroscuro, in cui la tempesta viene accennata con dei modellini e con i personaggi che appaiono e scompaiono su dei praticabili mobili. Interessante anche l’idea della camerata militare in cui si svolgono le scene successive, con una serie di letti che rimandano ad una greve promiscuità che contrasta con i privilegi, anche amorosi, del moro.

 

Francesco Micheli insomma inanella una serie di buone idee, che tuttavia nel corso della rappresentazione si perdono per strada o diventano ripetitive. L’uso dei fondali o del velario con le costellazioni diventa ad un certo punto stucchevole. In particolare le scene di insieme con rimandi kitsch non ben messi a fuoco, tra cui la madonna portata in processione, scadono in un bozzettismo improbabile. Per quanto riguarda la recitazione dei cantanti l’abbiamo trovata abbastanza generica, c’è da dire però che si tratta di una ripresa curata da Giorgia Guerra e non dal regista in persona. Le scene ben progettate sono di Edoardo Sanchi.

Dal punto di vista musicale Antonino Fogliani dirige con piglio, ma non calibra bene il rapporto fra buca e orchestra, tanto che il coro del prima atto giungeva ovattato e tutti i cantanti faticavano assai a passare efficacemente la buca. Ian Storey è un Otello stentoreo che porta a casa una recita di routine senza infamia e senza lode. Interessante la resa di Ivan Inverardi, che, pur non avendo il fisico del ruolo per Jago, risulta il più efficace sulla scena. Corretti Karina Flores, Desdemona, e Mert Sungu, Cassio. Una menzione alla bella voce Romano dal Zovo, unico che riesce veramente a farsi sentire nella piccola parte di Lodovico.
Teatro pieno e applausi calorosi nel finale.

 

Raffaello Malesci (06/02/18)