Recensioni - Opera

Ottimo Trovatore a Piacenza

Innamorarsi di Verdi: “L’ amore ond’ardo” canta il Conte di Luna. Questa edizione del Trovatore andata in scena in questi giorni a Piacenza ti fa innamorare della lirica e del suo più grande compositore, Verdi.

La compagnia di canto era formata da artisti veramente interessanti. Non è vero che non vi sono voci italiane belle con linea di canto perfetta. Ci sono giovani ben preparati che sono maturati con lo studio e l’esperienza, ma li troviamo nei teatri di tradizione mentre in quelli più blasonati leggiamo sempre gli stessi nomi.

Con questa produzione il teatro di Piacenza è salito ancora una volta sul gradino più alto del podio per produzioni degne di nota. La direzione, che è composta da persone musicalmente preparate, sa scegliere le voci adatte per le produzioni che ha in cartellone. Sa controllare i conti e guarda caso ha sempre il teatro veramente esaurito.

Fatta questa doverosa premessa veniamo ai cantanti, iniziando dalle signore. La giovane soprano Chiara Isotton si è perfezionata all’Accademia di Canto del Teatro alla Scala: devo sottolineare che questa istituzione ha forgiato un'altra bellissima voce.  È una Leonora appassionata, disperata, giovane come il personaggio di età, ma matura vocalmente e scenicamente. Molto apprezzata nelle sue arie, coinvolgente nei duetti, vocalmente e scenicamente adatta al ruolo.

Anna Maria Chiuri è un mezzosoprano di riferimento e non solo di questi ultimi anni avendo le spalle una grande e lunga carriera. Mi è sempre piaciuta, ma i brividi che mi ha trasmesso con Azucena non li avevo mai provati, se non in tempi passati con altre blasonate interpreti. Intensa e straziante soprattutto nel racconto “Condotta ella era in ceppi” Cambio di colore, sottolineature, tutto ciò che si vorrebbe ascoltare sempre da artisti di fama che invece ci lasciano, a volte, un retrogusto amaro in bocca.

Parimenti bravi i due uomini: il tenore Angelo Villari, che come ho avuto modo di sottolineare andrebbe ascoltato sempre ed ovunque, ci ha confezionato un Manrico che mi ha ricordato i grandi tenori del passato, voce piena e potente tanto che nello stornello e nella torre ha dovuto cantare molto lontano dal palcoscenico altrimenti sembrava fosse lì in platea. Nell’aria più famosa, “Di quella pira” ha sollevato entusiasmo a non finire, e ha fatto il bis richiesto a gran voce dal pubblico. Ma è stato magnifico in tutte le sue scene: veramente una interpretazione da ricordare con piacere.

Ernesto Petti lo ascoltai la prima volta nell’ opera “L’amico Fritz” messa in scena a Piacenza con la regia di Nucci. Non è passato molto tempo ma questo baritono è maturato tantissimo, è diventato Padrone completo dello strumento vocale, voce piena, bellissimo timbro e linea di canto, fraseggio e dizione, nulla manca a questo artista per poter deliziare chi lo ascolta. Magnifico nell’esecuzione dell’aria, drammatico nella scena del chiostro, straziante nella frase finale.

Il basso Giovanni Battista Parodi è dotato di un timbro vocale che si ascolta sempre volentieri. Il suo Ferrando è tra i migliori che ho ascoltato, con accenti e attenzione alle frasi da evidenziare nella scena iniziale, vocalmente e scenicamente sempre all’altezza della sua parte.

Bravi e precisi i comprimari, Ilaria Alida Quilico come Ines, Andrea Galli come Ruiz, Domenico Apollonio come vecchio zingaro e Lorenzo Sivelli come messo.

La direzione dell’Orchestra Filarmonica Italiana, sempre all’altezza di ogni esecuzione, è affidata al Maestro Matteo Beltrami, che dopo aver risollevato il Teatro di Novara, ha iniziato a dirigere in tantissimi teatri del mondo. È giovane, preparato, molto attento al suono, al colore e al tono della musica. Si preoccupa sempre di calibrare il suono strumentale con il canto e non copre mai i cantanti, ovvero è un direttore – concertatore tra i migliori in assoluto.

Sempre stupendo e compatto il suono emesso dal Coro del Teatro Municipale di Piacenza, magistralmente diretto dal maestro Corrado Casati.

La regia e i costumi sono stati affidati a Stefano Monti: costumi sobri che ricordano il periodo storico senza esserne la copia e regia che non si vede, quindi perfetta. Infatti il miglior regista è colui che fa svolgere la scena in modo che sembra spontaneo e non costruito dopo lunghe prove e lavoro.

Le scene di Stefano Monti e di Allegra Bernacchioni erano molto semplici, composte da pareti e colonne rossastre che venivamo mosse ai cambi di contesto. Costruita in modo da avvolgere il palcoscenico sui tre lati, è diventata una cassa di risonanza acustica magnifica per le voci. D’effetto le luci di Fiammetta Baldiserri che hanno costruito i vari ambienti, la notte, l’alba, il giorno, il crepuscolo, il rogo col rosso acceso, la disperazione con il nero che copriva la scena finale.

Il pubblico ha apprezzato l’esecuzione con prolungati applausi e grida di bravo per tutti.

Questa produzione è il frutto della collaborazione di più teatri, e sarebbe da seguire nel suo girovagare.