Recensioni - Opera

Ottobre 100 anni fa

Ascesa e declino dell’Unione Sovietica nel racconto di Paolo Mieli in scena al Teatro Sociale

A 100 anni esatti da quei “10 giorni che sconvolsero il mondo” Paolo Mieli porta nei teatri una lezione-spettacolo che ripercorre i 77 anni di storia dell’Unione Sovietica.
Lo spunto nasce dall’analisi del quadro “I funerali di Togliatti” dipinto da Renato Guttuso tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70, durante quella che Mieli identifica come l’apice della parabola comunista. All’interno del corteo funebre l’artista inserisce molti delle figure iconiche del ‘900 legate a quell’ideologia, ma più che sui presenti è sugli assenti che l’attenzione dello storico tende a soffermarsi.

 

Se infatti non mancano i segretari di partito Lenin, che compare ben 5 volte, Stalin, Breznev ed altre figure tra cui Dolores Ibarrui, Ho Chi Minh e addirittura la cantante Angela Davis protagonista di un effimero episodio nel 1970 durante la contestazione, sono le assenze importanti a costituire motivo di interesse.
Durante quel periodo, che coincideva con la restaurazione brezneviana, chiunque avesse messo in dubbio l’autorità e l’onestà intellettuale del potere sovietico, primo tra tutti Nikita Krusciov, era vittima di una sorta di damnatio memoriae a cui Guttuso si uniforma totalmente. Ecco perché il precedente segretario del PCUS non è ritratto nel quadro, come non lo è l’ungherese Imre Nagy, ma soprattutto non lo è Lev Trotzkij, che, nonostante sia stato il regista della rivoluzione d’ottobre (più dello stesso Lenin) ha pagato per i suoi contrasti con Stalin. Assenze meno giustificabili quelle di Mao Tse tung, ed Ernesto Che Guevara, che rappresentavano sì delle filiazioni comuniste ma al di fuori dell’orbita sovietica.

 

La narrazione procede in maniera fluida e avvincente, Mieli tratteggia con la sicurezza dello storico e con l’abilità del giornalista una serie di ritratti estremamente lucidi e dettagliati che aprono importanti finestre su un’ideologia che ha segnato la storia dell’intero secolo e che, nonostante abbia visto la sua parabola concludersi un quarto di secolo fa, è ancora difficile riassumere nella sua complessità.
Coinvolgente il finale in cui il pubblico viene fatto alzare per intonare alcune strofe dell’”Internazionale socialista”, canto nato durante la Comune di Parigi e che quindi poco o nulla ha in comune con il periodo sovietico, a ricordarci che tutti comunque nella vita abbiamo creduto in qualcosa e che, se anche le cose poi sono andate diversamente, gli ideali non devono essere rinnegati.

Davide Cornacchione 9 novembre 2017