Recensioni - Opera

Parma: Pelléas ed Mélisande di terra ed acqua

L’opera di Debussy registrata al Teatro Regio sarà trasmessa il 22 aprile su Rai5

Programmato per la primavera 2020, anno di Parma Capitale italiana della Cultura e rinviato a causa della pandemia da Covid19, Pelléas et Mélisande di Claude Debussy ha finalmente debuttato al Teatro Regio domenica 28 marzo in una recita aperta solo alla stampa ripresa da Rai cultura, che verrà trasmessa su Rai5 il 22 aprile.

È il mondo dello spiritismo, radicato tanto nella società di fine ottocento quanto nella poetica di Debussy, l’idea su cui si fonda il progetto della coppia Barbe & Doucet, autori di regia, scene e costumi di questo suggestivo spettacolo. Il regno di Allemonde è una sorta di mondo sotterraneo dominato dalle radici delle piante che scendono dall’alto e circondato dall’acqua ispirato al quadro L’isola dei morti di Arnold Böcklin.
Mélisande, trovata da Golaud vicino ad un ruscello, è creatura d’acqua ed all’acqua tornerà nel poetico finale, non riuscendo mai completamente ad integrarsi in quella realtà. Se all’inizio il suo approccio con gli altri abitanti di questo mondo ctonio appare ingenuo, quasi fanciullesco (ed è in questi termini che inizia anche il suo rapporto con Pelléas, al punto che Golaud al termine della scena della torre li ammonisce con la frase “Vous êtes des enfants”), nel prosieguo l’animo volge sempre di più verso la malinconia sino a lasciarsi morire. Oltre l’apparenza dell’allegoria simbolista il vero nucleo del libretto di Maeterlinck è infatti un dramma borghese i cui toni sono gelosia ed incomunicabilità, temi che creano una stretta parentela con molte delle opere coeve firmate da autori quali Čechov, Ibsen e Strindberg. Per questo, pur appartenendo ad un mondo irreale e fiabesco, caratterizzato da isole sospese, in cui i capelli di Mélisande a cui Pelléas si aggrappa sono in realtà le radici degli alberi, i personaggi sono abbigliati in abiti di fine ottocento ed in quest’ottica agiscono. I contrasti, per quanto sulla scena vengano stilizzati, quasi sfumati, sono comunque presenti e la regia ce li fa percepire con un progressivo diradamento della dimensione fantastica che lascia lo spazio a tensioni e sentimenti sempre più umani e concreti.
Nel complesso un allestimento di grande fascino che valorizza la rarefatta drammaturgia appagando l’occhio con immagini di grande bellezza, complici le luci di Guy Simard.

In perfetta simbiosi con l’aspetto visivo si è dipanato il racconto musicale, grazie alla preziosa concertazione del maestro Marco Angius alla testa di un’Orchestra dell’Emilia Romagna Arturo Toscanini in splendida forma.
In una partitura che rifugge qualsiasi enfasi drammatica, in cui la musica è stata pensata direttamente sul testo originale di Maeterlinck, senza riscritture o adattamenti, il legame suono-parola viene affrontato da Angius con precisione quasi chirurgica, pur mantenendo un ampio respiro. L’orchestra, sempre viva e pulsante, passa dalla dimensione favolistica e fanciullesca iniziale a quella più violenta della seconda parte. Violenza che però non è quasi mai ostentata ma sempre sottotraccia, perché la violenza in Pelléas et Mélisande non è violenza fisica bensì psicologica.

Ottimo il cast. Monica Bacelli è una Mélisande incantevole che, pur rimanendo personaggio aereo e indefinibile, evolve emotivamente, toccando una ricca gamma di colori. Al suo fianco Philip Addis è un Pelléas sognante, dai tratti romantici, dotato di un bellissimo timbro ed un’impeccabile linea di canto. Michael Bachtadze si immedesima perfettamente nel dramma di Golaud, tratteggiando una figura tormentata di grande intensità, mentre Vincent Le Texier è un Arkël dolente, dal timbro pieno e morbido. Da incorniciare il suo arioso che apre la seconda scena del quarto atto. Ineccepibili anche le prove di Enkelejda Shkoza (Geneviève), Silvia Frigato (Yniold) e Andrea Pellegrino (Medico/Pastore).
Uno spettacolo da non perdere, con l'augurio che possa essere ripreso il prima possibile anche dal vivo.