Recensioni - Opera

Per chi sventola la bandiera?

Il crudo “Flags” di Jane Martin in scena a Brescia nell’intenso allestimento di Beppe Rosso

Il soldato Carter, pilota di carri armati, viene ucciso in missione a Baghdad mentre sta ripulendo una discarica. Il padre, sconvolto dalla notizia, incolpa l'esercito, responsabile di aver fatto compiere al figlio delle operazioni che non rientravano nei suoi compiti e quindi averne provocato la morte.
Ricevuta la bandiera che il figlio aveva con sé in Iraq,  la issa sul tetto di casa ma, per errore, al contrario. Dopo un primo momento di esitazione decide però di non raddrizzarla, trasformandola in un simbolo dell'ingiustizia ricevuta da parte di uno stato cinico e indifferente nei confronti dei suoi soldati ed in particolare dei suoi morti.

Ma questo gesto, che all'inizio gli vale una grande popolarità, con l'andare del tempo gli costa l'ostilità dei suoi vicini e dell'intera comunità, al punto che, per rappresaglia, anche il suo secondo figlio verrà ucciso da un gruppo di fanatici sulla porta di casa.
Flags di Jane Martin, con la regia di Beppe Rosso e andato in scena al Teatro Sociale nella rassegna Altri percorsi, è un testo duro, che rappresenta uno stato pragmatico ma anche spietato nel difendere la propria identità.
In una battuta si cita la celebre frase di Samuel Johnson e ripresa anche da Stanley Kubrick in "Orizzonti di gloria": "Il patriottismo è il rifugio delle canaglie", ma verrebbe anche da pensare ad un’altra frase che Friederich Dürrenmatt mette in bocca al suo Romolo il grande:"Lo stato si fa sempre chiamare patria quando si accinge ad uccidere".
Un'America sorda, ottusamente chiusa in sé stessa, indifferente al dolore del singolo, usa la bandiera per difendersi da chi, dall’interno, ne mette in discussione non tanto i valori ma la condotta e le metodologie con cui questi valori vengono applicati.
Beppe Rosso, al suo terzo allestimento di un testo di Jane Martin, lavora basandosi principalmente sugli attori ed inserendoli in uno spazio spoglio, essenziale, in cui l’unico elemento scenico è una pedana, che per molti versi può ricordare un ring, sulla quale avvengono gli scontri più feroci, sia all’interno della famiglia che con il mondo che sta fuori.
Ad una regia che fa un grande uso di gesti simbolici: i sassi come simbolo del lutto, gli spari realizzati con assi di legno che cadono, la bandiera che viene progressivamente cucita da brandelli di stoffa, si contrappone una recitazione assolutamente naturalistica, grazie anche ad un cast eccellente che riesce a mantenere la tensione per tutta l’ora e 40 di spettacolo.
Beppe Rosso, oltre che regista anche protagonista dello spettacolo, incarna mirabilmente la disperazione del padre, affiancato da una altrettanto intensa Ludovica Modugno nel ruolo della lucida e amorevole moglie. Accanto a loro gli ottimi  Alarico Salaroli, Aram Kian, Elio D’Alessandro, Celeste Gugliandolo, Francesco Puleo.
Al termine il pubblico, in buona parte costituito da scolaresche, si è sciolto in applausi liberatori e partecipi rivolti a tutta la compagnia.

Davide Cornacchione 16 febbraio 2011