Recensioni - Opera

Pesaro: Bianca e Falliero, un gioiello da riscoprire

Ancora un'altra perla al Rossini Opera Festival 2024

Bianca e Fallerio andò in scena nel 1819 alla Scala di Milano, ebbe poche e sporadiche riprese nell'ottocento, solo nel 1986 tornò con grande successo proprio in questo festival e successivamente nel 1989 e 2005. La nuova produzione approda all'Auditorium Scavolini, riaperto dopo diciannove anni, con un’acustica impeccabile.

La regia di Jesn-Louis Grinda non identifica chiaramente l'epoca di svolgimento e l’allestimento risulta godibile, senza particolari guizzi creativi. Le scene mobili di Rudy Sabounghi creano il nobile palazzo con eleganti stanze in legno che cambiano, completate da proiezioni molto suggestive della laguna veneziana, con la basilica di San Marco in primo piano. Suoi anche i vestiti che oscillano tra classico (Fallerio, Doge, soldati) e moderno. Bellissime le luci calde e avvolgenti di Laurent Castaingt.

Roberto Abbado dirige l'Orchestra Sinfonica della Rai con grande sicurezza, creando un riuscito gioco di dinamiche, un suono limpido e incisivo. Bellissima la sinfonia iniziale e il solo del flauto nella gran scena di Fallerio. I recitativi con il fortepiano di Andrea Severi, vengono accompagnati anche dal violoncello di Jacopo Muratori e dal contrabbasso di Matteo Maggiorana. Impeccabile il coro del Ventidio Basso diretto da Giovanni Farina, che ha mostrato delicatezza con "Negli orti di Flora” e vigore in “Ah! qual notte di squallore”.

Il cast vocale scelto con cura e adatto alle difficoltà della partitura non ha affatto deluso.
Come sempre stellare Jessica Pratt, che interpreta al meglio il ruolo di Bianca. Il soprano australiano mostra la sua tecnica solida che evidenzia il timbro adamantino con acuti e sovracuti sfavillanti, cura nei filati e nelle variazioni. Le cavatine "Della rosa il bel vermiglio" e "Teco resto" sono momenti di grande bellezza, come gli intensi duetti con Falliero e Contareno, sottolineati da una credibile presenza scenica.

Di livello anche il Falliero di Aya Wakizono. Il mezzosoprano giapponese si muove bene in una tessitura alquanto impegnativa. Il canto è fluido, leggero, ben ancorato nel registro alto, nel medio basso è leggermente carente di volume, ma l'interpretazione è veramente passionale, come ottime sono l'aria "Alma, ben mio, sì pura" e la cavatina "Tu non sai qual colpo atroce".

Notevole il Contareno di Dmitry Korchak. Voce eroica, squillante, incisiva nei vari sbalzi, che evidenzia efficacemente l'austerità del personaggio. Riceve un sonoro tributo la cavatina "Pensa che omai resistere" al primo atto. Giorgi Manoshvili è un solido Capellio, di ampio volume e dall'affascinante timbro scuro.

A completare il cast i validi e precisi Nicolò Donini (Priuli), Carmen Buendía (Costanza), Claudio Zazzaro (Ufficiale/Usciere), Dangelo Díaz (Cancelliere).

Spettacolo applauditissimo in vari momenti. Nel finale larghi consensi per Wakizono, Pratt e Korchak.

Marco Sonaglia (14 agosto 2024)