Il Rossini Opera Festival continua con la riscoperta di opere poco frequentate, ma che meritano la giusta attenzione
Ermione è una di quelle, andata in scena nel 1819 al San Carlo di Napoli. Alcune cronache dell'epoca parlano di un vero e proprio fiasco e verrà ripresa solo nel 1977.
A Pesaro ci sarà la prima rappresentazione in forma scenica nel 1987 e poi solamente nel 2008. Oggi finalmente una nuova produzione con la regia del tedesco Johannes Erath, che ne fa una rilettura interessante e fedele al libretto.
Heike Scheele cura le scene, dove domina il colore nero. Tre grandi cornici incastrate una con l'altra illuminate da luci a neon e legate da scale. C'è Amore vestito di bianco che lancia le sue saette e un banchetto con i protagonisti che rappresentano un mondo oramai allo sfascio, infelice e desideroso di vendetta. Solamente i bellissimi video in bianco e nero di Bibi Abel ci riportano ad un passato cullato dal mare e fatto di ricordi sereni. I costumi di Jorge Jara sono eccentrici, dalle tinte dark, funzionali allo spettacolo e valorizzati dalle luci di Fabio Antoci e da movimenti ironici, quasi cabarettistici.
Ottima la direzione di Michele Mariotti, oramai specializzato in questo repertorio. Alla guida dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, ha saputo scavare fino in fondo ad una partitura alquanto ricca e affascinante. Ne escono colori, dinamiche, tempi serrati, accenti drammatici e un attento controllo tra buca e palcoscenico. Il coro del Teatro Ventidio Basso, diretto con professionalità da Giovanni Farina, ha dominato in compattezza e volume sonoro, diventando anche un elemento scenico importante.
Ermione è un'opera difficilissima da eseguire, perché richiede un cast all'altezza della situazione. Quello di Pesaro è stato illuminato dalla protagonista, interpretata da Anastasia Bartoli. Un debutto importante, dove il soprano ha mostrato un torrente vocale che gli permette di dominare una scrittura ricca di salti impegnativi. Il registro alto è fluido, potente, svettante e nel registro basso la voce è sufficientemente profonda. Si muove con facilità tra agilità drammatiche, declamati e momenti di grande dolcezza. La grande scena al secondo atto riceve una sonora ovazione, grazie anche ad una presenza scenica magnetica, penetrante e incisiva.
Notevole Enea Scala, che si cala perfettamente nella parte di Pirro. Anche qui una prova vocale di grande qualità, molto energica e ben gestita. L'aria "Balena in man del figlio” del primo atto viene risolta mostrando una solidità negli acuti e grandi doti attoriali.
L'Oreste di Juan Diego Flórez (che aggiunge un nuovo personaggio nella sua galleria rossiniana) si distingue per la consueta eleganza nel canto, ancora lucente, ricco di sfumature, mezze voci, dopo trent'anni di splendida carriera.
Victoria Yarovaya delinea una convincente Andromaca, caratterizzata da un timbro caldo e brunito. Ottimi anche il Fenicio di Michael Mofidian e il Pilade di Antonio Mandrillo. Completavano egregiamente il cast Martiniana Antonie (Cleone), Paola Leguizamon (Cefisa) e Tianxuefei Sun (Attalo).
Successo strepitoso e trionfi per Bartoli, Florez e Scala.
Marco Sonaglia (13 agosto 2024)