Recensioni - Opera

Piacenza: Il Trovatore della trilogia

A Piacenza è tempo di trilogia, ovviamente quella popolare di Giuseppe Verdi che tra il 1851 e il 1853 compose tre immortali capolavori: Rigoletto, Il Trovatore, La Traviata

L'idea vincente (visto il grande successo) dell'instancabile Cristina Ferrari è stata quella di mettere in scena le opere con lo stesso cast (c'è solo un cambio di baritono), stesso direttore, stesso regista e rappresentarle in ordine cronologico.

Il nuovo allestimento (produzione Fondazione Teatri di Piacenza, con il contributo straordinario del Ministero della Cultura) vede la regia di Roberto Catalano, che cerca di cogliere gli elementi comuni, ma anche le profonde differenze. In queste opere troviamo "L'essere umano nella sua contraddittoria complessità. Personaggi dentro le cui anime discendiamo sondandone le profondità, gli antri oscuri, le zone d'ombra e di luce che le rendono pregne di vita autentica. Essere umani il cui dolore ha deformato o il corpo o la mente, le cui anime sono campi di battaglia dove bene e male consistono".

Il filo comune è la maledizione impersonata da un attore che ricorda il Nosferatu di Murnau. Le scene di Mariana Moreira sono eleganti, minimali, volutamente spoglie. All'inizio troviamo una parete con tre porte e due sfere che si colorano di rosso fuoco, lo stesso elemento che ritornerà nel finale con Azucena che trascina il Conte di Luna in un vortice infernale quasi da Don Giovanni. Negli altri ambienti troviamo pochissimi oggetti descrittivi e un suggestivo gioco di ombre velate che sottolinea i momenti cruciali. Le luci curate da Silvia Vacca sono efficaci, calde e calibrate, pregevoli i costumi di Veronica Pattuelli, ben curati i movimenti coreografici di Marco Caudera sia nelle masse, che nei solisti.

Alla guida dell'Orchestra Sinfonica di Milano il maestro Francesco Lanzillotta che ha scelto di eseguire la partitura proprio come Verdi l'ha scritta. Una direzione precisa, raffinata, con un buon senso dei tempi teatrali e che ha saputo accompagnare con cura i cantanti, mettendo in risalto il colore notturno lirico dell'opera, senza tralasciare le parti più concitate, affrontate sempre con la giusta misura.

Compatto e preciso il Coro del Teatro Municipale di Piacenza diretto da Corrado Casati. Tra i momenti migliori l'incalzante "Vedi! le fosche notturne spoglie", l'audace "Or co' dadi, ma fra poco" e il solenne "Miserere".

Francesco Meli è stato un ottimo Manrico. Il tenore vanta una voce scura nei centri, salda negli acuti, giusta negli accenti, curata nel fraseggio e nelle mezze voci. Incisivo sin dall'iniziale romanza "Deserto sulla terra", trova la perfetta dimensione nell'aria “Ah sì, ben mio, coll’essere” eseguita con grande classe. Buona anche la pira in tono, con il daccapo e ovviamente senza i famosi do di petto. Inoltre dona al personaggio un'umanità amorosa, ma al tempo stesso tormentata.

A Maria Novella Malfatti è toccato l'arduo compito di debuttare con una delle eroine più impegnative. La sua Leonora, visibilmente emozionata nel primo atto, cresce nel corso della recita, restituendoci una donna forte e passionale, che si sacrifica per l'uomo che ama. La voce è uniforme nei registri, corposa nei medio bassi e luminosa in acuto. Nel quarto atto mette in mostra una squisita liricità con un "D'amor sull'ali rosee" cesellato con sicurezza nei pianissimi e un finale dove porge con eleganza le frasi musicali.

Teresa Romano è stata una straordinaria Azucena. Un'interpretazione lontana da stereotipi di pura follia o da eccessi di bieco verismo, che ha toccato vertici di grandi emozioni, specialmente nel racconto "Condotta ell'era in ceppi", eseguito con un pathos straziante e salutato da un lunghissimo applauso. Il timbro brunito nel registro grave, svettante in alto si unisce ad una giusta attenzione per la parola scenica. Sembra che abbiamo trovato un nuovo punto di riferimento per questo grande personaggio verdiano.

Ernesto Petti è un convincente Conte di Luna. La morbida e corposa pasta baritonale trova i giusti colori, dosando equilibratamente accenti di nobiltà ed irruenza. Ben eseguita l'aria "Il balen del suo sorriso" con un finale tenuto a lungo, seguita da un'energica cabaletta.

Pregevole il Ferrando di Adolfo Corrado, che affronta senza difficoltà l'insidioso racconto iniziale, con staccati precisi e una buona proiezione della voce. Completavano il cast la valida Ines di Greta Carlino, lo squillante Ruiz di Simone Fenotti, gli efficaci Omar Cepparolli (Un vecchio zingaro) e Lorenzo Sivelli (Un messo).

Un teatro sold out ha accolto con vivo successo tutti i protagonisti, con lanci di fiori per Romano e Malfatti.

Marco Sonaglia (Teatro Municipale-Piacenza 31 ottobre 2025)