Recensioni - Opera

Piacenza: una Norma borghese nel risorgimento

Incoerente trasposizione ottocentesca per il capolavoro di Bellini

Per la stagione lirica 2021 al Teatro Municipale di Piacenza viene messa in cartellone “Norma”, il capolavoro di Vincenzo Bellini. Va riconosciuto al Teatro Municipale di Piacenza il coraggio di proporre questa opera di difficile esecuzione e perciò presente raramente anche nelle stagioni dei grandi teatri.

Lo spettacolo, che circuiterà anche a Modena e a Parma, proviene dal Teatro di San Gallo in Svizzera dove ha debuttato nel 2016. Il regista Nicola Berloffa lo ha ripreso adattandolo alle attuali normative covid. L’azione viene spostata in un imprecisato ottocento rivoluzionario, dove i Galli, nell’originale oppressi dai Romani, diventano un manipolo di soldati rivoluzionari asserragliati nella corte di un palazzo in rovina. Le scene più intime avvengono addirittura in un interno borghese spoglio e di vago sapore nordico che ricorda il più classico teatro naturalistico ibseniano. Iniziamo con il dire che la produzione è accurata e professionale. Lineari le scene di Andrea Belli e sontuosi i costumi d’epoca di Valeria Donata Bettella.

L’operazione registica invece risulta più estetica e fine a sé stessa che realmente pregnante per la lettura di un classico come Norma. Le scene di insieme sono ben orchestrate e non mancano alcuni suggestivi effetti scenici. Manca tuttavia completamente la fondamentale e imprescindibile componente ieratica e sacrale di Norma e Adalgisa, sacerdotesse del culto di Irminsul. Infatti la storia si comprende e acquista senso in virtù dei sensi di colpa che scaturiscono dall’aver infranto il loro voto di vestali, concedendosi all’amore di un Romano. Trasformare le due sacerdotesse in due buone borghesi rivoluzionarie, alla Eleonora de Fonseca Pimentel, toglie la parte essenziale della psicologia dei personaggi, riducendo il tutto ad una storia di tradimenti degna quasi di una “pièce bien faite” di Eugene Scribe. In questo contesto non ha infatti senso la preponderanza di Norma, il suo potere, la sua centralità. D’altra parte perché Adalgisa, borghese non sposata, dovrebbe andare a confidarsi con Norma, che appare, spogliata di qualsiasi connotazione sacrale, come madre irrisolta in un interno borghese? Perché poi la stessa Norma, nel bel mezzo del terzetto finale del primo atto, decide di uscire e rientrare con tanto di spada probabilmente, visto il contesto, staccata dal camino della magione familiare? Perché un generale come Oroveso, con tanto di fascia e cordoni, dovrebbe obbedire a una buona signora in ampia gonna ottocentesca?

Anche sorvolando su questi particolari, nulla ne guadagna la tragedia di Bellini, le cui tematiche principali vertono sulla dicotomia fra senso del dovere e amore, fra diverse culture, più che sulla lotta fra oppressi e oppressori, che in realtà è solo sfondo ad una vicenda precipuamente intima. In questo senso la messa in scena è sostanzialmente estetica e lascia correre sulle ampie e numerose incongruenze che ne scaturiscono.

Sesto Quatrini dirige l’orchestra Filarmonica Italiana con buon piglio, tempi serrati e un discreto risultato timbrico e sonoro. Attento alla gestione dei cantanti, il direttore controlla con sicurezza il rapporto fra buca e palcoscenico. Dal punto di vista vocale bisogna sicuramente dire che Norma è scoglio impervio per il terzetto dei protagonisti, che comunque, pur con molti distinguo, hanno cantato con impegno e partecipazione regalandoci una replica vocalmente piacevole e sostanzialmente corretta. Norma era il soprano americano Angela Meade, che ha sfoggiato un bel timbro sopranile, gestendo con coraggio e intelligenza la lunga e impervia parte. A tratti il soprano tendeva a ingrossare la voce, mentre non sempre le agilità risultavano pure e adamantine. Nell’insieme comunque una buona prova per lei. Pollione era Stefano La Colla, dal sonoro squillo tenorile e una buona facilità negli acuti. Resta da affinare il fraseggio e l’aderenza scenica. Ottimo Michele Pertusi, che ha regalato un Oroveso pieno, timbrato e ben calibrato. Meno a fuoco invece l’Adalgisa di Paola Gardina, che è parsa più volte in difficoltà. Professionali Didier Pieri e Stefania Ferrari.

Teatro nuovamente pieno a Piacenza e applausi convinti nel finale.

R. Malesci (24 Ottobre 2021)