Recensioni - Opera

Piccola, preziosa Aida

Felice ripresa al Teatro Verdi di Busseto dell’allestimento firmato da Franco Zefirelli

Nata nel 2001 l’Aida di Giuseppe Verdi concepita per il Teatro Verdi di Busseto può essere considerata a tutti gli effetti il capolavoro teatrale del periodo della piena maturità di Franco Zeffirelli, ed una fortuita coincidenza ha voluto che il Festival Verdi di Parma avesse deciso di riprenderla, protagonisti i vincitori del concorso di voci verdiane, proprio nell’anno in cui il maestro Fiorentino ci ha lasciati.  Questa serie di repliche diventa quindi il doveroso omaggio ad una delle figure che più hanno segnato il teatro musicale, non solo italiano, di oltre mezzo secolo.
Da sempre in equilibrio tra magniloquenza ed intimismo, la terzultima opera di Verdi viene spesso identificata nelle poche scene di massa, per cui si pensa subito ad Aida come opera imponente, quasi si trattasse della risposta italiana al Grand Opéra, senza tener presente che, ad esempio, in tutto il terzo e quarto atto sono rarissimi i momenti in cui vi sono più di due persone in scena, mentre le scene di massa sono circoscritte solo a due quadri nei primi due atti. Cogliere il vero senso di Aida vuol dire quindi coglierne la componente più intimista, ed è quello che Zeffirelli ha fatto, riuscendo a rappresentare l’opera che per eccellenza è destinata ai grandi spazi all’aperto, sul palcoscenico di un teatro da 250 posti.

La regia, ripresa con grande cura da Stefano Trespidi, è di impianto sostanzialmente tradizionale; uniche eccezioni l’accentuazione dell’ambiguità del rapporto tra Amneris e Radames che non disdegnano di baciarsi in più occasioni e una maggiore attenzione alle figure di contorno rispetto alla trama principale. Infatti se la scena del trionfo ha come protagonista il popolo che di schiena vede passare la parata -vero colpo di genio zeffirelliano alla base di questo allestimento- allo stesso modo è significativo il breve siparietto delle guardie fuori dal tempio all’inizio del terzo atto.
Sempre eleganti e di grande impatto le scene dipinte dallo stesso Zeffirelli, che raffigurano l’Egitto secondo l’iconografia classica, impreziosito dagli sgargianti costume di Anna Anni.

Nel complesso valido il cast che ha visto protagonisti i vincitori del concorso per Voci Verdiane 2019.
Natalie Aroyan è un’Aida dotata di un bel timbro e di un corposo registro centrale. La salita all’acuto non è sempre immacolata ma nel complesso l’interprete è credibile e partecipe. Al suo fianco Bumjoo Lee è un Radames spavaldo, dal timbro squillante e dai solidi acuti. Daria Chernii è una Amneris intensa e volitiva, dotata di timbro scuro, discreta fraseggiatrice e credibile nell’interpretazione. Dongho Kim è un Ramfis autorevole dalla voce piena e possente, anche nel registro grave, cui si contrappone l’efficace re di Renzo Ran.  Andrea Borghini è un Amonasro dal timbro un po’chiaro ma corretto nell’emissione ed efficace in scena. Michelangelo Mazza ha diretto con mano sicura l’orchestra e il coro del Teatro Comunale di Bologna che, nonostante costretti dalle dimensioni del teatro ad un organico particolarmente ridotto per questa partitura, hanno regalato un’esecuzione assolutamente impeccabile. Unico neo il fatto che il comprensibile taglio dei ballabili del secondo atto, difficilmente realizzabili su questo palcoscenico, sia stato accompagnato anche dal taglio del successivo coro di ingresso di Radames “Vieni o guerriero vindice”. Caldissima la risposta del pubblico che esauriva il teatro.