Recensioni - Opera

Placido Domingo emoziona in Arena

Sembra impossibile ma a volte in teatro si crea una ragnatela di emozioni che va al di là dell’evento cui si assiste e che vive di ciò che un particolare artista riesce a veicolare attraverso la sua arte ed è indubbio che a Verona, in occasione della serata Domingo Opera Night, questa magica sinergia si sia realizzata.

Al netto della sua età , ormai veneranda e sempre più fumosa, che unisce al carisma i naturali inciampi emotivi che questa comporta ( “O vin, dissipe la tristesse” dall’Hamlet di A.Thomas ) che a volte tengono con il fiato sospeso, il bagaglio emozionale che il celeberrimo artista regala ad ogni suo concerto risulta sempre impagabile per chi puó o vuole coglierlo.

Sempre cementata su di un centro sempre più tenorile (sic!) e dal colore morbido, l’arte del porgere di Domingo, oltre al gusto per fraseggio ed accento, si declina attraverso l'approfondimento dei personaggi interpretati e coinvolge ed affascina il pubblico che ha chiara memoria del suo fare teatro; significativo in questo senso l’appassionato, interminabile applauso che ne ha siglato l’ingresso, emozionato ed incerto, sul palcoscenico areniano, un riconoscimento a priori, affettuoso e commosso.

Spostandosi da Thomas a Verdi ("Pietà, rispetto, amore“) il tenore (perché così è stato e rimarrà) ha chiuso la prima parte del concerto con il duetto del IV Atto del Trovatore “Udiste? … Mira, d' 'acerbe lagrime”.

Ad affiancarlo in questa cavalcata che si è estesa nella seconda parte al repertorio dell’operetta e della zarzuela era la trascinante ed appassionata musicalità del soprano Maria José Siri, impegnata prima in un dolente e raffinato “Pleurez, pleurez mes yeux” da Le Cid di J. Massenet ed in un sempre appassionato Verdi con “Pace, Pace mio Dio” da La Forza del destino.

La pirotecnica seconda parte ha visto i due artisti alternarsi con grinta e vivacità sempre maggiori nelle affascinanti pagine del repertorio più leggero: "Tu che m’hai preso il cuor” da Das Land des Lächelns di F. Lehar, “Viljia-Lied” da Die lustige Witwe ed il conseguente “Tace il labbro”, il duetto “Hace tiempo que vengo al taller”da La del manojo de rosas di Pablo Sorozábal, “Canción de Paloma” da El Barberillo de Lavapiés di Francisco Asenjo Barbieri per chiudere con l’amatissimo cavallo di battaglia del celebre tenore "No puede ser“ da La Tabernera del puerto di Pablo Sorozábal.

Alla guida dell’orchestra della Fondazione Francesco Ivan Ciampa ha diretto con professionalità alcune pagine sinfoniche anche non così note in Arena: le verdiane Sinfonie de I Vespri siciliani e Un giorno di regno, la “Marche hongroise” da La Damnation de Faust di H. Berlioz e l’Intermedio da La Boda de Luis Alonso di G. Giménez.

Richiesti a gran voce dall’entusiasmo del pubblico i due artisti hanno regalato poi alcuni bis: Duo (Paso doble) da El Gato montés di Manuel Penella, “Te quiero dijiste”(Muñequita linda) di Marìa Grever, Granada di Agustìn Lara e quando Domingo, intonando il ritornello di Non ti scordar di me di Ernesto De Curtis invitava il pubblico a seguirlo e le 6000 persone presenti rispondevano prontamente all’invito, risultava in tutta evidenza quanto il teatro, oggi come un tempo, non trovi la sua solida base esclusivamente su questa o quella nota messa meglio o peggio ma sull’intensità dell'emozione trasmessa che la rende indimenticabile.

Forse Placido Domingo è l’ultimo alfiere di una vecchia scuola, ma noi gli siamo grati per tutto ciò che ci ha mostrato attraverso la sua carriera in tempi in cui la recitazione da parte di un cantante era ancora un optional, occorre forse non scordarlo.

Silvia Campana, Verona,30/07/2021