Recensioni - Opera

Poker d’assi per una partita a carte con la morte

Tedeschi, Pagliai, Branciaroli e Popolizio in Dipartita finale al Teatro Sociale

C’è molto Beckett in “Dipartita finale”, l’ultimo testo che ha visto Franco Branciaroli nella triplice veste di attore, regista e drammaturgo, coprodotto dal Teatro degli incamminati e dal Centro Teatrale Bresciano ed andato in scena al Teatro Sociale di Brescia. Oltre al titolo, che richiama Finale di partita, sono evidenti le somiglianze dei due protagonisti Pol e Pot con Vladimiro ed Estragone di Aspettando Godot, per non parlare del monologo del personaggio chiamato Supino che, con registratore e banana è una chiara citazione dell’Ultimo nastro di Krapp.

Ma ci sono anche molti altri riferimenti letterari (Macbeth in primis) in questo testo che fa convivere domande esistenziali (cosa c’era prima del big bang?) con situazioni grottesche ai limiti dello scatologico (la dissertazione sulla consistenza delle feci o la corda legata ai testicoli a mo’di sveglia).
Pol, Pot e il Supino sono tre barboni che vivono in una baraccopoli che per loro è l’universo. Si sentono come gli ultimi sopravvissuti dell’umanità, ed ognuno di essi attende la fine a modo suo: Pot in una perenne veglia ipercinetica, Pol in uno stato di costante catalessi mentre il Supino, che si crede immortale, dialoga con degli improbabili divinità attraverso un registratore al quale affida i suoi messaggi.
E quando la morte finalmente arriva questa non è altro che un quarto barbone dall’accento partenopeo, ancora più ipocondriaco e preoccupato di morire degli altri tre.
Il racconto, che a volte tende un po’ a sfilacciarsi nel continuo affastellarsi di temi diversi,  è pervaso da un nichilismo di fondo che si concretizza nel finale in cui le ruspe verranno a spazzare via questo micro universo per fare posto ad una pista ciclabile, a testimonianza che nulla veramente è importante e tutto è effimero. La vita stessa si riduce ad uno stanco trascinarsi giorno dopo giorno, un peso di cui ci si vorrebbe liberare, magari giocandosela a carte con la morte in cambio di una tazza di caffè.
Straordinario il quartetto dei protagonisti, a partire da un gigantesco Gianrico Tedeschi che, dall’alto delle sue 90 e più primavere tratteggia il personaggio più dinamico dello spettacolo. Al suo fianco un eccellente Ugo Pagliai nel ruolo del compagno di una vita, l’ermetico Supino di Massimo Popolizio e la surreale Morte di Franco Branciaroli.
Al termine applausi convinti per tutti con ovazioni per Tedeschi.

Davide Cornacchione 14/04/2014