Grande prova per il Coro del Teatro alla Scala
Edizione simpatica del capolavoro donizettiano scritto per l’Opèra-Comique di Parigi nel 1840.
Alla prima ebbe una accoglienza fredda dovuta principalmente ai solisti non all’altezza, ma la seconda, con cast modificato, ebbe un meritatissimo successo, osteggiato dagli operisti francesi che temevano nello straniero, un temutissimo rivale. La Fille du régiment fu replicata per moltissimi anni a Parigi e soprattutto nella festa francese della presa della Bastiglia, l’aria “Salut à la France” è divenuto alla stregua di un inno nazionale.
Questa ripresa scaligera è stata ben accolta dal pubblico, che ha mostrato qualche condivisibile dissenso verso il Direttore d’orchestra.
Questo spettacolo creato dal regista Laurent Pelly è nato nel 2007, e, dopo aver girato il mondo, è approdato anche alla Scala. Sono stati riscritti i dialoghi per rendere più attuale la produzione e fondere insieme la parte musicale con le parti recitate. I dialoghi sono stati curati da Agathe Mèlinand. Infatti opèra-comique non significa opera comica, ma un’opera con dialoghi parlati.
La scelta registica è stata quella di idealizzare l’ambiente con pochi ma significativi oggetti e rimandi scenografici: montagne fatte con carte geografiche, caserma stilizzata con brande. Marie è una donna tuttofare, passando dallo stirare maglie a pelar patate. Laurent Pelly ha firmato anche i costumi, divise militari della prima guerra mondiale, costumi dei primi del novecento per le dame e i cavalieri intervenuti per il matrimonio, bellissimi quelli della Marquise e della Duchesse.
Nella produzione scaligera la regia è stata ripresa in modo ottimale da Christian Rath. Sobrie ma molto azzeccate le scene di Chantal Thomas, semplici e ideate per far volgere l’azione in modo fluido. Uniformi le luci di Joel Adam, che non hanno definito bene i passaggi temporali. Molto bella la struttura della casa della Marquise, il villaggio iniziale e l’accampamento militare.
Il trionfatore della serata è stato il Coro del Teatro alla Scala diretto dal Maestro Alberto Malazzi. Sublime nel canto, stupendo nella recitazione, inarrivabile in bravura, il miglior coro del mondo!
Tempi lenti quelli della direzione d’orchestra del Maestro Evelino Pidò, che ha ricevuto dissensi alla fine dell’opera. La musica è risultata piatta, senza sfumature, uniforme, e questo non ha aiutato i cantanti. Bravi i musicisti dell’orchestra del Teatro alla Scala, sia l’assieme che i solisti.
La Marquise de Berkenfiel era interpretata dal mezzosoprano Gèraldine Chauvet, ottima interprete sia scenica che vocale. Efficace la sua interpretazione della nobil donna, la sua verve e il suo approccio musicale. Il sergente Sulpice era Pietro Spagnoli, interprete di riferimento per le opere di Rossini, Donizetti e Mozart. Una voce adatta al personaggio, ottimo caratterista, ha portato sul palco la freschezza del padre putativo di Marie con sicurezza e spontaneità.
Tonio era il tenore Juan Diego Flòrez che nella sua carriera ha fatto di questo personaggio uno dei suoi cavalli di battaglia. Non ha più lo smalto di un tempo, ha giocato di mestiere e se l’è cavata bene nell’aria che tutti si aspettano: “Ah! Mes amis, quel jour de fete!”. Applausi meritati, qualcuno ha chiesto il bis, ma non siamo più nel 2007, anno in cui la bissò!
Marie era il soprano Julie Fuchs, stupenda nel rendere la pienezza del personaggio, voce adatta alla parte, incantevole il suo canto, vera trionfatrice, insieme al coro, della serata. La Duchesse de Crakentorp era Barbara Frittoli, indimenticabile artista. Straordinaria la sua interpretazione, la sua entrata ha fatto scomparire gli altri interpreti col suo carisma. Da manuale l’acuto finale, pieno e ben tenuto, della sua uscita di scena. Da menzionare Pierre Doyen come Hortensius, Emilio Guidotti, artista del Coro del Teatro alla Scala, come Un Caporale, Federico Vazzola come Un Notaio e Aldo Sartori come Un paysan.
Piacevole serata in tempi in cui bisogna accontentarsi.