Recensioni - Opera

Prima italiana della “Callas” di Reinhild Hoffman al Teatro Grande di Brescia

Spettacolo suggestivo ma non sempre di facile interpretazione

Lo spettacolo è stato articolato in un atto unico della durata di 115 minuti, alcuni dei quali sono risultati piuttosto lunghi, in particolare quelli che dovevano consentire all'intero corpo di ballo di cambiarsi d'abito per il quadro successivo; forse sarebbe stato meglio suddividerlo almeno in due tempi. Alcune scene sono state comunque molto belle ed apprezzabili.

Il riferimento letterario a Lady Macbeth che durante il sonnambulismo con ossessione si lava il sangue dalle mani, è stato rappresentato in maniera esemplare. La mente fragile e sconvolta di una donna che ha il coraggio di assicurare il trono al marito timoroso e codardo, è stata dipinta magnificamente. Lady Macbeth non solo si sporca le mani per il marito, ma tinge col sangue anche le sue scarpe bianche, lasciandosi dietro le impronte dell'assassinio compiuto.
Azzeccatissimo anche il riferimento alla mitologia greca con l’antitesi Alcesti/Euridice del Simposio di Platone. Il coreografo, supportato da un geniale costumista (Joachim Herzog), rappresenta il banchetto di nozze tra Admeto e Alcesti con una magnifica tovaglia bianca legata alla vita di tutti i ballerini. In un secondo momento, la tovaglia diventerà la via affinché Euridice trovi l'uscita dal regno dei morti, ma come descritto da Ovidio, Orfeo si gira troppo presto a guardare la sua sposa che si dissolve in una nuvola di tulle bianco che i ballerini portano vagando sul palcoscenico.
Toccante anche la scena di chiusura, con il metronomo che scandisce il poco tempo che resta. L'interprete di Maria Callas diventa un tutt'uno con la sua sedia a dondolo che la culla ormai vecchia, mentre lei stessa guarda indietro alla sua infanzia quando andava sull'altalena e giocava correndo e saltando. E come ogni grande artista, anche la “Divina” muore restando aggrappata alle tende di velluto rosso del suo passato.

E se questi quadri sono risultati essere tutto sommato in qualche modo interpretabili basandosi sia sui riferimenti musicali che su quelli letterari, meno comprensibili sono stati Lakmè, Romeo e Giulietta, Amleto, Rigoletto e Carmen. L’incipit di Carmen, sulla chiusura di Rigoletto che usciva di scena sollevato in una sorta di processione giulivo-religiosa, è risultato addirittura fuorviante, dato che il ballerino entrante in scena vestiva i panni di Cio-Cio-San. Il ritmo reiterato delle prime note dell’habanera, è stato ripetuto in modo da far entrare tutti e venti i danzatori uno alla volta, facendo crescere l’aspettativa irrimediabilmente delusa, in quanto poi non è seguita una scena ballata degna della previsione creata, se non per i magnifici costumi in scena.
E la grande assente è stata senz’altro la danza. Sebbene si trattasse di teatro danza e non di balletto vero e proprio, qualche passaggio danzato in più sarebbe stato senz’altro gradito, vista anche la tecnica del corpo di ballo. Discutibile invece la scelta di uniformare gli uomini alle donne nell’abbigliamento e fin’anche nelle scarpe.
Il numeroso pubblico bresciano in sala ha tardato a riconoscere la fine dello spettacolo che è stato accolto con un applauso dapprima perplesso ma poi generoso.

 

Sonia Baccinelli 6 dicembre 2018

 

 

 

Giovedì 6 dicembre al Teatro Grande di Brescia si è esibita la compagnia del Ballet du Grand Théâtre de Genève. Il lavoro su Maria Callas venne creato a Brema nel 1983 da Reinhild Hoffman con il contributo del Kulturstiftung Des Bundes. Come si legge dalle brevissime note di regia, il coreografo non intendeva rappresentare la biografia della celeberrima cantante, ma darne un quadro della vita professionale. Certo è che lo spettacolo è risultato di difficile lettura e talvolta addirittura incomprensibile anche per gli addetti ai lavori da tanto che erano ingarbugliati i riferimenti alla musica o alla letteratura.