Recensioni - Opera

Prima mondiale a Cremona: A Sweet Silence

L’arte domina e coordina le nostre vite, si fa portatrice di importanti messaggi, si insinua nelle nostre menti e nei nostri cuori ed offre numerosi spunti di riflessione.

L’arte è in continua evoluzione, si manifesta in innumerevoli forme e non può, in alcun modo, diventare un’abitudine: essa non smette mai di stupire, stimolare, suscitare e generare turbini di sempre nuove emozioni. L’aspetto più particolare e complesso che viene assunto dall’arte è la musica: essa si esprime attraverso suoni e melodie, è priva di fisicità, ma, nonostante questo, risulta essere estremamente concreta: questo è possibile in virtù di quel sottilissimo filo che permette ai suoni e alle melodie di oltrepassare qualsiasi barriera, insinuarsi nel nostro corpo e innestare un vero e proprio processo che conduce a sensazioni mai esplorate o a remoti ricordi. È proprio l’amore incondizionato per la musica che costituisce il significato più profondo di A Sweet Silence in Cremona, un’inedita opera buffa andata in scena in prima assoluta mondiale l’8 maggio 2022 presso il Teatro Ponchielli di Cremona (per l’appunto) (coproduzione Fondazione Teatro Ponchielli, Center for Contemporary Opera) .

La storia che ha portato alla genesi di questa opera si riferisce ad un fatto curioso avvenuto nel 2019 proprio a Cremona: il sindaco ha emesso un’ordinanza per ridurre i rumori in modo tale da non rovinare delle registrazioni di alcuni violini (effettuate al Museo del Violino) per la Banca del Suono. Questo particolare fatto è stato riportato dal New York Times, ha suscitato la curiosità di Mark Campbell, il quale ha deciso di trasformarlo in un’opera teatrale.

Nel prologo di A Sweet Silence viene esposta l’ordinanza che impone severamente il silenzio nella città e, nelle otto scene seguenti, viene mostrato come alcuni inquilini di un condominio reagiscono a questo severo provvedimento. Ettore è un venditore di scarpe che si lamenta per il poco lavoro, dato che si possono indossare solo calzature con suole di gomma; Valentina è una ragazza che vive con il proprio cane Attila ed è sempre pronta ad affrontare giornate ricche di attività; Giulia è una giovane donna sposata e in dolce attesa: teme che il proprio bambino possa nascere da un momento all’altro ed è preoccupata dato che, a causa dell’ordinanza, è vietato chiamare i soccorsi, fonti di rumore; Mariolina è un’anziana signora che, travolta dal silenzio, riflette sulla propria vita e sul fatto che la morte si stia avvicinando; Yassine è un immigrato che consegna fiori e, ormai si sente integrato nella città.

Le scene di Tommaso Lagattolla sono estremamente semplici e schematiche; il palco, per l’intera durata dello spettacolo, è occupato da un piano suddiviso in quattro parti, ciascuna rappresentante l’appartamento del proprio inquilino: numerose scatole verdi occupano il negozio di scarpe, una poltrona ed una lampada fucsia delineano il soggiorno di Mariolina, la cucina di Giulia è dominata dal giallo, lo spazio centrale, invece, ora è la camera di Valentina, ora il pianerottolo, ora la bottega del liutaio. I costumi sono molto semplici e contemporanei. All’insegna di un forte sintetismo sono anche i fondali di Imaginarium Studio che non sono solo caratterizzati da sagome del duomo, del battistero e del Torrazzo, ma anche punteggiati da alcune parole-chiave.

L’opera, con la regia di Cecilia Ligorio, si sviluppa in modo estremamente schematico: ciascun personaggio è indipendente dagli altri e, in isolati interventi, racconta la propria storia e, soprattutto, espone le proprie considerazioni relativamente alla decisione del sindaco. Queste divisioni vengono meno nell’ultima scena: la musica predomina su tutto e tutti grazie al proprio potere unificatore.

Gianluca Moro veste i panni di Yassine: egli è in grado di presentare la gioia del giovane per essere giunto in Italia e, al contempo, di raccontare la propria difficile storia da immigrato dall’Oran. Egli emerge particolarmente nell’aria Sure the other kids della sesta scena.

Ramiro Maturana, oltre ad impersonare Attila, è anche il Liutaio e, con la solidità e la profondità della propria voce, è protagonista di un vero e proprio elogio al violino.

Sara Fanin (Valentina e il Violino) emerge grazie alla delicatezza e alla chiarezza della propria voce, caratteristiche che dominano la scena soprattutto nel dialogo con il primo violino.

Ottime anche le prove di Pietro Di Bianco (Ettore), Costanza Fontana (Giulia) e Antonella Di Giacinto (Mariolina).

La musica, composta da Roberto Scarcella Perino, eseguita dall’Orchestra Monteverdi Festival e diretta da Giuseppe Bruno, è dominata da melodie estremamente delicate, soavi, leggere, che assumono ed uniscono tratti tradizionali ad altri più innovativi e moderni.

Particolarmente significativo e coinvolgente è il momento in cui il violino di Lena Yokoyama, dal proscenio, cattura l’attenzione dell’intero pubblico ed introduce sul palco Il Violino personaggio, i cui vocalizzi diventano progressivamente un tutt’uno con il suono dello strumento e conducono ad un unico ed intimo momento d’ensemble, in cui ciascun personaggio, grazie alla propria individualità, contribuisce alla creazione di una solida collettività.

È proprio questo il messaggio più profondo trasmesso dall’opera e apprezzato dal pubblico cremonese: la musica è una forza invisibile che agisce in modo impercettibile ed è in grado di unire tutti, nonostante le differenze e le discordie. A Sweet Silence in Cremona evoca questo misterioso potere e sottolinea come, quasi paradossalmente, silenzio e musica siano connessi indissolubilmente e possano coesistere senza che si abbia il predominio dell’uno sull’altro. A Sweet Silence in Cremona è un’opera che contiene tutte le premesse per essere trasportata in ambiente extra-europeo e trasmettere, in modo estremamente semplice e sintetico, la profondità e la sensibilità che denotano la città del violino.