Recensioni - Opera

Repertorio italiano e francese per due star del Belcanto al Teatro alla Scala

Lisette Oropesa e Beniamin Bernheim in un applaudito concerto diretto da Marco Armiliato

Era una sala del Piermarini gremita in ogni ordine di posti quella che accoglieva, in una tiepida serata di fine aprile, il concerto del soprano Lisette Oropesa e del tenore Beniamin Bernheim, due tra i più amati protagonisti oggi del repertorio belcantistico.
Il programma della serata si mostrava indubbiamente nutrito e assai interessante, pur apparendo a tratti troppo sommariamente assemblato e, in concerti di questa importanza (specie poi quando si ha il privilegio di poter contare anche sull’orchestra) l’ascolto delle scene complete previste in partitura sarebbe auspicabile.

Si proponeva all’ascolto una prima parte tutta dedicata all’opera italiana (Sinfonia da La forza del destino di G. Verdi, il frizzante duetto “Caro elisir! sei mio!” da L’elisir d’amore di G. Donizetti, la celebre romanza “Recondita armonia” da Tosca di G. Puccini, l’aria di Amalia “Dall’infame banchetto …Tu del mio Carlo al seno” seguita dalla Sinfonia da I Masnadieri ed Il duetto “Signor né principe… Addio, addio” da Rigoletto di G. Verdi) ed una seconda invece completamente imperniata sul repertorio francese (il duetto “Ange adorable“ e l’Ouverture da Roméo et Juliette, “Air des bijoux “ di Marguerite da Faust di C. Gounod , la celebre “Je crois entendre encore” da Les Pêcheurs de perles di G. Bizet, la romanza di Isabella “Robert, toi que j’aime” da Robert le diable di G. Meyerbeer, l’aria di Des Grieux “Je suis Seul! …Ah! Fuyez, douce image”ed il successivo duetto “Pardonnez-moi … Toi!Vous!” da Manon di J. Massenet) .

Lisette Oropesa si conferma grande interprete ed eccellente vocalista; sua principale qualità resta (anche in concerto dove tutto diviene più difficoltoso) la sua aderenza all’accento ed al personaggio che risulta sempre assoluta; che stia fronteggiando il più temibile dei sopracuti o la più vertiginosa delle agilità la cantante non dimentica mai l’artista che risulta tanto raffinata e sensibile quale Gilda tanto sensuale ed audace come Manon. Forse più convincente nel repertorio francese, l’Oropesa dimostra nondimeno giusta proprietà drammatica anche nel repertorio italiano a cui dona giusta intensità espressiva.

Sostanzialmente lontano dal bel canto italiano (soprattutto per l’uso di un accento troppo spesso inutilmente sfogato) si mostrava invece Benjamin Bernheim che trova nell’opera francese indubbiamente terreno più fertile per la sua preziosa vocalità. Il principale pregio di questo artista, eccellente interprete del repertorio d’oltralpe ed in possesso di un timbro dal colore antico e dal fraseggio elegantissimo, sembra risiedere in una peculiare capacità nel dosare il fiato a favore della parola mostrato particolarmente, in questa sede, con l’esecuzione della romanza di Nadir, tutta rigorosamente a fior di labbra. Un artista da sentire rigorosamente sulla scena ed il suo futuro Werther proprio in Scala ne offrirà l’occasione.

La direzione di Marco Armiliato alla guida dell’ottima orchestra dell’Accademia della Scala non contribuiva a donare omogeneità a questo concerto che, pur ospitando due eccellenti star internazionali (che rispondevano al termine alle ripetute richieste del pubblico offrendo come bis il duetto “O soave fanciulla” da La Boheme di G. Puccini) non sembrava impostato con la dovuta professionalità e dal Teatro alla Scala credo sia giusto, in questo senso, aspettarsi un po’ di più.