Penultimo appuntamento della stagione lirica
In una nebbiosa Cremona, addobbata di luci natalizie è andato in scena Rigoletto di Giuseppe Verdi. La direzione era affidata al maestro Alessandro D’Agostini. Regia Matteo Marziano Graziano, con le scene di Francesca Sgariboldi e i costumi di Laurent Pellissier.
Il giovane regista, di stanza a Berlino come assistente alla Deutsche Oper, crea uno spettacolo semplice, fondendo vari elementi contemporanei con molte trovate, alcune originali, altre già viste.
Il filone principale riguarda la diversità e fragilità del corpo umano, per cui in scena abbiamo alcuni personaggi minori con palesi disabilità fisiche: chi in carrozzina, chi con evidenti tutori. Inoltre, durante l’aria più famosa del tenore, “La Donna è Mobile”, oggidì in chiaro odore di sessismo, passano in scena femmine svestite di tutte le stazze e fogge, a voler forse rimarcare la bellezza della diversità e la varietà del corpo umano in tutte le sue declinazioni. Romeo Castellucci ne aveva fatto già più di vent’anni fa una sua cifra. Niente di nuovo insomma.
A questo si aggiunga una perversa ossessione fotografica del Duca verso Gilda, vestita come una bambolina in gonne di tulle, un doppio nano di Rigoletto che lo accompagna durante la recita e il coro che si presenta in scena con in mano le mele del peccato. Una bella infilata di stilemi da “regietheater” transalpino. I costumi realizzati con materiale di riciclo, alcuni ben riusciti come quello di Rigoletto, assolvono poi anche alla missione ecologista. Raggiungiamo l’en plein del politically correct insomma.
Un regista in divenire, che sicuramente ha visto tanto, ma che non riesce a metabolizzare idee proprie. Alcune intuizioni ci sono, ma nel complesso prevale la confusione e l’affastellarsi di cose già viste. Niente di memorabile insomma.
La compagnia di canto è volonterosa e si difende in modo dignitoso, passando sostanzialmente indenne in un teatro pieno di studenti e con un pubblico più interessato alle bellezze della sala che al fatto artistico che si andava a rappresentare.
Giuseppe Altomare, Rigoletto, è corretto e attento ad amministrare uno strumento tutt’altro che imponente. È musicale e prudente, ricevendo molti applausi. Tesa e non sempre a fuoco la Gilda di Bianca Tognocchi. Paride Cataldo ha voce da tenore di grazia con un centrale dal bel timbro, difetta ancora di tecnica e fraseggio. Si limita a risolvere le sue arie con qualche acuto ben piazzato. Per il pubblico cremonese è sufficiente. Corretti ma senza smalto Mattia Denti (Sparafucile) e Victória Pitts (Maddalena). Fra i comprimari una segnalazione di merito al Marullo di Lorenzo Liberali, l’unico con il coraggio di buttare la voce in platea.
Alessandro D’Agostini ha il suo daffare a tenere insieme il tutto, ma a tratti azzecca delle buone sonorità e sottolinea le finezze della partitura.
A fine serata le numerose scolaresche hanno tributato un simpatico tifo da stadio a tutti i cantanti.
Raffaello Malesci (Sabato 14 Dicembre 2024)