I volti del potere è il tema della nuova stagione al teatro dell'opera di Roma. Sgura sostituisce l'indisposto Salsi
Come titolo di apertura si è scelto "Simon Boccanegra" il capolavoro verdiano nell'edizione del 1881 e con un nuovo allestimento.
Richard Jones punta ad una regia asciutta, minimale, che scava poco nella profondità dei personaggi. Le scene curate da Anthony McDonald ci mostrano nel prologo e nel terzo atto una piazza dalle tinte scure, che richiama le pitture metafisiche di De Chirico e Carrà.
Nel primo atto il riferimento al mare è solamente rappresentato dal grande faro, dalla lugubre scogliera e da una piccola barca, invece nel secondo atto troviamo la semplice stanza del doge nel palazzo Ducale di Genova. I costumi, sempre di McDonald, hanno sottolineato bene le differenze tra patrizi e plebei. I primi che sembrano riecheggiare i camalli genovesi degli anni sessanta e i secondi ricoperti da eleganti smoking. Le luci calde, avvolgenti di Adam Silverman e la coreografia per i movimenti mimici di Sarah Kate Fahie hanno vitalizzato uno spettacolo parecchio statico.
Michele Mariotti ha diretto con il consueto talento l'orchestra del teatro dell'opera, che ha risposto con ottimi colori e dinamiche, tra tempi serrati e momenti più delicati. La sua è una concertazione che ricerca la grande forza descrittiva in ogni singola nota di questo racconto sulla solitudine del potere, mettendo in luce tutta la bellezza di una delle partiture più sublimi di Verdi.
Di grande qualità e in perfetta simbiosi con l'orchestra è il coro del teatro diretto dal maestro Ciro Visco, che mostra compattezza, potenza, sfumature nei numerosi interventi a disposizione.
Luca Salsi, colto da una brutta indisposizione, è stato sostituito dal collega Claudio Sgura, che appena ventidue ore prima aveva debuttato questo ruolo proprio al teatro dell'Opera, dimostrando una grande professionalità. Il baritono ha preparato con cura l'imponente doge Boccanegra, grazie ad un ottimo lavoro sulla parola scenica tanto cara a Verdi, con interessanti mezze voci e rifiniture, senza tralasciare accenti e legati, con un registro omogeneo e una buona pasta vocale. Anche scenicamente è riuscito a dare la giusta autorevolezza, senza calcare troppo, anzi sottolineando con eleganza la profonda umanità del suo personaggio, come nella scena del gran consiglio nel primo atto.
Eleonora Buratto ha interpretato Maria/Amelia con tutta la sua rinomata classe. Una linea di canto vellutata, pulita, che sale con sicurezza e facilità negli acuti, contornata da un fraseggio sempre corretto. Bellissima l'aria “Come in quest’ora bruna” del primo atto cantata con raffinata intensità. Veramente efficaci anche i vari duetti.
Michele Pertusi delinea un intenso, nobile e tormentato Jacopo Fiesco, grazie ad un timbro sempre morbido e pastoso. La grande aria "Il lacerato Spirito" è risolta con un sonoro fa grave. Maestoso è il duetto con Boccanegra nel terzo atto.
Stefan Pop ha sia lo squillo, che la lucentezza adatti per forgiare un convincente Gabriele Adorno. Particolarmente riuscita l'aria “Sento avvampar nell’anima" nel secondo atto.
Di pregio anche Gevorg Hakobyan, con un solido e sonoro Paolo Albiani, ben caratterizzato nella sua infima perfidia; altrettanto efficace risulta il Pietro del bravo Luciano Leoni. Completavano il cast i validi Angela Nicoli (Ancella di Amelia) e Michael Alfonsi (Capitano dei balestrieri).
A fine spettacolo lunghi applausi e ovazioni per Buratto, Pertusi, Mariotti e ovviamente Sgura, che ha salvato in corner questo Simone.
Marco Sonaglia (Teatro dell'opera-Roma 30 novembre 2024)