Recensioni - Opera

Romolo, o il rifiuto del potere

Il celebre testo di Dürrenmatt interpretato da Mariano Rigillo al Teatro Sociale per la stagione del CTB

Romolo il grande è uno dei tanti testi dello scrittore svizzero Friederich Dürrenmatt il cui tema è una spietata critica al potere. Reinventando completamente la figura dell'ultimo imperatore romano d'occidente Romolo Augustolo, Dürrenmatt, con la sua feroce ironia, affronta temi quali la violenza, la sopraffazione e il disperato tentativo di mantenere uno status quo, che si traduce in un cieco immobilismo, incapace di accorgersi dei tempi che cambiano.
In totale antitesi a tutto questo, l'imperatore Romolo viene così raffigurato come un tranquillo allevatore di polli, pacifista, che ha usato il suo potere al solo scopo di portare l'impero allo sfacelo al fine di consentirne un rinnovamento grazie all’imminente invasione germanica.
 

Intorno a lui si muove una corte sgangherata di personaggi surreali che vogliono invece conservare l'impero così com'è e sono disposti a tutto per impedirgli di realizzare il suo progetto; anche a tentare un omicidio, che ovviamente si risolverà in burla.
Lo spettacolo, prodotto dalla Doppia Effe, con la regia di Roberto Guicciardini e con Mariano Rigillo nel ruolo del titolo,  presentato al Teatro Sociale di Brescia, ricordava certi allestimenti teatrali di qualche lustro fa, in cui il mattatore era al centro della scena ed intorno a lui si muoveva uno stuolo di comprimari, tutto sommato corretti e puntuali, ma assolutamente privi di caratterizzazioni che li contraddistinguessero. Questa scelta ha costituito un limite non da poco per un testo che ha nelle figure di contorno, ognuna delineata con stralunata ironia, uno dei suoi punti di forza. Il ruolo di Romolo è ovviamente fondamentale e predominante, ma funziona del tutto solo se messo in relazione con la banda di pazzi che lo circonda, altrimenti il risultato è sbilanciato e la figura stessa dell'imperatore perde di forza. Non sono bastati neanche gli stacchetti musicali firmati da Lino Patruno, che facevano un po' avanspettacolo anni '70 a rivitalizzare una messinscena che, per quanto ben recitata, non ha saputo dare il giusto brio ad un testo che al contrario è una fucina di battute e di sottile ironia.
L'efficace Rigillo era affiancato nei ruoli principali da Anna teresa Rossini, nel ruolo della moglie Rea, e dall'ottimo Virgilio Zernitz, che rivestiva i panni di Odoacre. L'improbabile corte era interpetata da Norma Martelli, Luciano D’Amico, Antonio Fornari, Liliana Massari, Francesco Sala, Francesco Cutrupi, Davide D’Antonio, Francesco Frangipane, Roberto Pappalardo, Lorenzo Pratico', Alfredo Troiano, tutti puntuali ed efficaci, ma privi di quel mordente che avrebbe costituito il valore aggiunto dello spettacolo.
Una platea in buona parte costituita da scolaresche ha dimostrato di apprezzare il lato ironico del testo, divertendosi ed applaudendo con convinzione tutti gli interpreti.

Davide Cornacchione 21 gennaio 2010