Recensioni - Opera

Salsicce e birra per I Viaggi del signor Brouček a Innsbruck

In scena al Tiroler Landestheater la rara opera di Leoš Janáček

Non finisce di stupire l’eclettica programmazione operistica del Teatro di Stato Tirolese, con la rara, anzi rarissima opera del compositore ceco Leoš Janáček “I Viaggi del signor Brouček”.

Si tratta di un’opera satirica che vide la sua prima rappresentazione a Praga nel 1920, dopo la fine dell’impero austroungarico e la proclamazione della repubblica cecoslovacca.

Il libretto, tratto dallo stesso Janáček da due racconti dello scrittore Svatopluk Čech, narra dei viaggi immaginari del Signor Brouček, che avvengono in sogno dopo abbondanti libagioni di birra. Il primo viaggio è nel mondo della luna, abitato da un improbabile consesso di artisti dediti alla meditazione e al vegetarianismo; il secondo niente meno che nella Praga di inizio quattrocento, sconvolta dalle guerre di religione hussite. Stesso stilema della celebre operetta di pochi anni prima: Frau Luna di Paul Lincke, ma con esiti marcatamente diversi.

Il nostro Signor Brouček incarna, con accenti a tratti kafkiani, il classico borghese praghese piccolo piccolo, dedito ai piaceri del cibo e del bere, salsicce e birra; proprietario di una casa interamente pagata e libera da debiti, che affitta, non senza qualche preoccupazione sulla pigione, al giovane Mazal, ovviamente innamorato della bella Malinka, sui cui anche Brouček non disdegna di gettare un occhio.

I sogni subentrano dopo un sostanzioso numero di birre e rappresentano dei mondi in cui l’indifferenza di Brouček viene confrontata con l’impegno politico, la vita di comunità, le convinzioni personali, artistiche o religiose. Ovviamente, come in tutte le avventure oniriche, i personaggi reali della vita si trasformano in altrettanto improbabili apparizioni in sogno. Brouček però non si lascia scalfire da niente, guarda con distacco a ciò che accade sulla luna o nella Praga assediata, non capisce o non vuole capire, non gli interessa: non c’è evoluzione nel suo personaggio. Il principe degli indifferenti, il capo in testa del “me ne frego”, che non riesce a fare di meglio che lamentarsi delle buche per strada e, nei momenti più concitati, grida al pubblico: “Datemi una Pilsner!”.

Antico ma moderno, attuale e contemporaneo: Brouček ci guarda da vicino, poiché la tentazione dell’indifferenza, dell’allontanare da sé un mondo troppo complicato e poco intelleggibile, è sempre presente in ognuno di noi. Certo l’opera affastella due racconti assai diversi e presenta una satira del tempo che probabilmente oggi sfugge allo spettatore. La musica di Janáček è splendida, in particolare gli intermezzi sinfonici, ma anch’essa, come la drammaturgia, accusa momenti discontinui, rendendo la fruizione dell’opera nel complesso non sempre facile.

Splendida la messa in scena curata dal regista Tobias Ribitzki, affiancato per scene e costumi da Stefan Rieckhoff, per la drammaturgia da Diana Merkel. I video, simpatici, grafici e accattivanti, sono di Paul Barritt.

Ribitzki immagina un Brouček kafkiano, un piccolo borghese in grigio che assomiglia anche un po’ a Charlot, assiso accanto a un lampione in una Praga in bianco e nero, con una grande luna che incombe dall’alto. Sembra di vedere la scena di Lili Marlene, ma questa è un’altra storia. Gli innamorati arrivano in bicicletta, il quadretto è borghese, non manca l’oste, Brouček ha in tasca le amate salsicce. I cambi scena sono aiutati dalle immagini: dolci, infantili, con una luna che sorride beffarda e ricorda Méliès.

La scena si gira e appare una grande tribuna circolare, un teatro, una gradinata per comizi politici? Il mondo della luna è tutto in bianco, i personaggi con coroncine di fiori, oppure in completo e bombetta sempre candidi, un’altalena che cala dall’alto. Il mondo delle guerre di religione è tutto nero e rosso, dall’alto cala una grande croce, morte e violenza sono nell’aria. Brouček resta sé stesso, prende in giro i lunari e rifiuta di farsi coinvolgere nelle dispute religiose, tanto che rischia di finire bruciato come eretico. Ma è tutto un sogno e il risveglio è salvifico. Il nostro omino praghese può ritornare alla sua birra, alle sue salsicce, alla sua indifferenza, alla sua vita comoda. Gli innamorati si sposano, la luna continua a sorridere. Il mondo continua.

Matthew Toogood dirige con sicurezza l’orchestra sinfonica tirolese, sviluppando con efficacia il coté sinfonico della partitura. Bravissimo il Coro dell’Opera di stato tirolese, sempre preciso e compatto nei suoi interventi.

Florian Stern incarna magistralmente Brouček, regalandoci un personaggio stralunato, calibrato sia scenicamente che vocalmente. Peter Alexey Sayapin, pur indisposto, è un ottimo Mazal, con acuti svettanti e timbrati. Hazel Neighbour (Malinka) sfoggia voce potente e drammatica. Convince anche il baritono Marcel Brunner, ficcante e sonoro, scavalca senza problemi la buca orchestrale.

Sempre ottimo e coeso l’ensemble: Erwin Belakowitsch, Alec Avedissian, Anastasia Lerman, Abongile Fumba, William Blake, Junghwan Lee, Esewu Nobela, Michael Gann, Vacek Qi Wang.

Teatro non pienissimo. Buon consenso nel finale.

Raffaello Malesci (Sabato 6 Dicembre 2025)