Recensioni - Opera

Sanremo aperto, teatri chiusi: non è un caso

Lo spettacolo dal vivo in Italia affossato fra statalismo e snobismo culturale

Da un anno ormai i teatri sono chiusi e la ventilata riapertura del 27 marzo appare chiaramente solo una facciata destinata a teatri stabili finanziati dallo stato, che potranno permettersi di proporre qualcosa in barba ai più elementari principi di sostenibilità economica.

Di contro non c’è mai stato il minimo dubbio che una kermesse canora popolare come Sanremo si dovesse fare senza se e senza ma, anche con mezza Italia in quarantena.

Molti operatori teatrali gridano allo scandalo, lamentano che la cultura lirica e teatrale in Italia è allo sbando. La teoria di questo ragionamento non è sbagliata, lo è purtroppo la pratica.

Non c’è cultura, non c’è teatro o opera lirica che possa incidere sul tessuto sociale senza un ampio gradimento. Gradimento significa richieste, pubblico, introiti e dunque capacità economica per sopravvivere, investire e prosperare. Alla capacità economica corrisponde la capacità di influenzare la politica e le sue scelte. Elias Canetti intitola il suo più celebra saggio “Massa e potere” e, anche in questo caso, la metafora è calzante.

Da anni invece sia il teatro lirico che quello di prosa sono un carrozzone statale dove il gradimento, la popolarità, è guardata con sospetto e snobismo culturale. I denari arrivano dallo stato attraverso meccanismi complessi e fumosi. La qualità e la classificazione dei teatri è ridotta a un punteggio, come se un’opera d’arte si potesse valutare in questo modo: 6 per i costumi, 3 per le luci, 4 per la recitazione, 2,5 per il canto e a questo punto anche 2 punti per la gentilezza delle maschere o la pulizia dei bagni in teatro.

L’assurdità di questo sistema è palese, la lontananza di chi prende le decisioni altrettanto. Forse un sindaco o un assessore, o alla peggio un loro delegato, avrebbero la possibilità di andarsi a vedere gli spettacoli, di fare scelte artistiche, il funzionario ministeriale accoccolato a Roma sicuramente no.

Oltre a questo teatro finanziato in Italia non c’è nulla. Qualche associazione professionale o semiprofessionale che si arrabatta inseguendo bandi improbabili sempre gestiti a punteggio, perennemente dedicati ai giovani o ad eventi sporadici, senza che nessuno si muova mai per vedere il “prodotto” spettacolo.

Nessuno dunque ha interesse a lavorare per il fruitore, per il pubblico, e perciò nessun pubblico si lamenta. Provate invece a togliere Sanremo al grande pubblico. Vedrete.

Sanremo non si può non fare, in troppi ne resterebbero delusi.

I teatri si possono chiudere, in troppo pochi ne restano delusi.

R. Malesci