Recensioni - Opera

Scala: convince La Cenerentola con gli allievi

Ormai di tradizione l'allestimento di Ponnelle

Partiamo dalla fine, dai riscontro del pubblico, che si è divertito tanto perché la recita de “La Cenerentola” di Rossini, diretta da Gianluca Capuano, è riuscita davvero bene. Il merito del successo non è da ascrivere solamente al cast, ma anche a tutti gli elementi che hanno di fatto contribuito ad elevare il valore dello spettacolo: l’orchestra, la regia, le scene, i costumi.

Aya Wakizono è una Cenerentola di qualità e quantità. Il mezzosoprano nativo di Tokyo si destreggia abilmente nei brani interpretati, specialmente nel canto dei passi densi di fioriture, che richiedono virtuosismo e flessibilità vocale, doti che le appartengono e che presenta agli spettatori con sicurezza e spavalderia. Notevole anche nei pezzi d’insieme, dove una sottile distrazione potrebbe sfaldare l’architettura del brano, si pensi al complesso “Questo è un nodo avviluppato”, dove la Wakizono è parte di un sestetto che canta sillabando, inducendo a pensare al ticchettio delle lancette di un orologio che si appresta a segnare l’ora della risoluzione dei conflitti, in cui ogni verità viene perentoriamente alla luce.

Wakizono presenta una Cenerentola che incarna perfettamente il dramma dello sfruttamento, della mancanza di rispetto da parte dei familiari, vittima di una congiunzione astrale negativa che si avvierà a subire un decisivo rovescio di prospettive dal momento in cui Alidoro busserà alla porta di casa.

Le antagoniste di Cenerentola sono due allieve dell’Accademia di perfezionamento per cantanti lirici del Teatro alla Scala: le brave María Martín Campos (Clorinda) e Dilan Saka (Tisbe). I due soprani, dalle movenze goffe ispirate ai personaggi che portano in vita, inondano di buonumore. Campos e Saka non hanno numeri musicali esclusivi, ma sono una colorita presenza che accompagna quasi l’intera rappresentazione e sfruttano al meglio l’occasione loro concessa dimostrando di essere sulla buona strada di un lungo percorso che può portarle alla piena notorietà.

Tra i “cattivi” è il Don Magnifico di Marco Filippo Romano. Per il baritono siciliano questo ruolo è quasi una seconda pelle, accompagnandolo infatti in scena, con successo, già da diversi anni. Chiaro nella dizione, Romano recita con scioltezza, potendo esibire un timbro vocale robusto che si piega all’andamento della vicenda, raggiungendo in determinati frangenti quel falsetto ironico che non può lasciar indifferente lo spettatore, che ride colpito anche dalla sua intensa recitazione.

Il tenore Chuan Wang è un Don Ramiro dalla vocalità forte e vigorosa. Vive con discrezione la sua passione per Angelina Cenerentola che sfocia in un canto dolce intriso di romanticismo (“Un soave non so che”). Gli applausi accompagnano molte sortite del baritono Sung-Hwan Damien Park, che impersona un Dandini che con la gestualità e le espressioni del viso conquista quando chiamato in causa. Si muove sul palco con dimestichezza e sa ben giocare con la voce nelle varie mansioni che è chiamato a svolgere. Ha il carisma e la personalità che si richiedono a Dandini e nei duetti con Wang esprime il meglio di sé.

A completare il cast il basso Li Huanong, nei panni di Alidoro. Il suo è un personaggio chiave della storia che, seppur impiegato saltuariamente, come previsto dal libretto scritto da Jacopo Ferretti, la indirizza in modo da mutare i destini della famiglia di Angelina e di Don Ramiro. Il tono grave e cavernoso della voce di Huanong offre un eccellente contrasto con l’amabilità del suo buon Alidoro.

La regia di Jean-Pierre Ponnelle è ripresa da Federica Stefani. L’allestimento, datato 1973, viene riproposto per l’ottava rappresentazione di fila de “La Cenerentola” alla Scala (l’ultima risale al 2019). La finta casa sgarrupata presente nel primo atto, con le camere di Clorinda e Tisbe alla sinistra e alla destra della porta d’ingresso, il cucinino col camino al centro e al primo piano la stanza da letto di Don Magnifico, è curata nei particolari. Nel secondo atto compare l’esterno del palazzo reale, che lascia spazio alla cantina dove Don Magnifico si lascia sedurre da un bicchiere di troppo e, infine, ecco di nuovo l’ambiente fatiscente che ospita Cenerentola con la sua famiglia.

Preziosi e di stile i costumi, che si articolano in un’alternanza di colori. E quando si assiste alla “bontà in trionfo” la gioia è grande e il pubblico della Scala può esultare con Alidoro e l’intero cast che, utilizzando una macchina fotografica dell’800, sulle ultime note suonate dall’Orchestra milanese, simula lo scatto di una foto ricordo, a suggellare la fine di ogni lite e di ogni discordia.

Cala il sipario, iniziano, scroscianti, gli applausi.