Recensioni - Opera

Scala, convince anche il secondo cast di Cavalleria e Pagliacci

In Scala ritorna il dittico verista per eccellenza, formato da Cavalleria Rusticana d Pietro Mascagni e Pagliacci di Ruggero Leoncavallo

L'allestimento è quello di Mario Martone del 2011 e qui ripreso da Federica Stefani.

Per quanto riguarda Cavalleria si punta al minimale, caricando la scena di solenne spiritualità. Le scene di Sergio Tramonti sono fatte di larghi spazi vuoti riempite dalle sedie del coro nel momento delle sacre celebrazioni. Un grande tronco d'albero caratterizza il brindisi. Belle le luci soffuse di Pasquale Mari, i costumi di Ursula Patzak evidenziano il contrasto tra il nero di Santuzza e il porpora di Lola.

Saioa Hernández è una Santuzza perfetta. La voce scorre con facilità grazie ad un volume corposo. Gli acuti sono sempre centrati e brillanti, il registro medio-basso viene gestito con cura. Scenicamente non cade mai nel verismo eccessivo. È intensa e appassionata in “Voi lo sapete, o mamma”, sicura nei duetti con Turiddu e Alfio, potente nella maledizione finale: “A te la mala Pasqua, spergiuro!”.

Pregevole anche il Turiddu di Brian Jagde. Voce squillante, con un bel timbro e dall'acuto facile che sottolineano il suo carattere baldanzoso. Il brindisi è spavaldo, l'addio convincente, anche se meriterebbe qualche sfumatura in più.

Amartuvshin Enkhbat è un solido ed efficace Alfio, che mostra la bellezza del suo timbro, sempre pastoso e accompagnato da un'ottima dizione.

Francesca Di Sauro delinea un'ottima Lola, seducente al punto giusto, con una bella voce corposa che tratteggia brillantemente il suo stornello.

Elena Zilio sfoggia il suo cavallo di battaglia con un'interpretazione struggente di mamma Lucia, dove la parola prende il sopravvento sul canto. Efficace la voce Patrizia Molina (direttamente dai ranghi del coro) che annuncia la morte di compare Turiddu.

Cambio di ambientazione per Pagliacci, che ha un taglio più moderno. Un villaggio rom abbandonato sotto ad un cavalcavia tra prostitute, roulotte, furgoni malandati, acrobati e saltimbanchi (i bravissimi Sara Berni, Nicola Colleoni, Stefano De Luca, Francesca Noemi Linari e Mattia Tagliani). Interessante l'idea di sfruttare i lati estremi del palco e di coinvolgere gli spettatori in platea. È giusto sottolineare l'ottimo lavoro di Sergio Tramonti (scene), Ursula Patzak (costumi) e Pasquale Mari (luci).

Fabio Sartori domina la parte di Canio senza alcun problema. Un personaggio che gli calza a pennello e gli permette di sfoggiare i suoi robusti mezzi vocali che ancora sono alquanto incisivi. L'acclamata "Vesti la giubba" è intrisa di forza e dolore, “No pagliaccio non son" esplode di gelosia e vendetta. Anche scenicamente la sua è un'interpretazione molto sentita.

Nedda trova in Irina Lungu la giusta interprete. Delicata, ammaliante, brillante, sempre corretta nel dosare la voce. Esegue con leggerezza e belle sfumature l’aria “Qual fiamma avea nel guardo", nel drammatico finale mostra di saper coniugare benissimo canto, passione e recitazione.

Amartuvshin Enkhbat è un Tonio impressionante per volume e timbro. Voce chiara, potente, vellutata che scolpisce in tutte le sue sfaccettature la perfidia del suo personaggio. Il prologo "Si può" è quanto mai travolgente, da vero fuoriclasse e riceve una sincera ovazione.

Notevole il Silvio di Mattia Olivieri che mostra bei colori vocali, buon fraseggio e una presenza scenica veramente aderente al personaggio. Ben cantato anche il Peppe di Jinxu Xiahou. Completavano il cast i due contadini interpretati da Gabriele Valsecchi e Luigi Albani (anche loro provenienti dal coro).

Giampaolo Bisanti alla guida dell'orchestra del teatro ha diretto con la consueta professionalità. Bellissimi colori, compattezza e grande volume nel suono, tempi corretti, buone dinamiche. In cavalleria si è apprezzato il lavoro sinfonico, specialmente nell'intermezzo dove il maestro ha posato la bacchetta per cogliere ancora di più l'intensità. In Pagliacci sprigiona tutto il vigore e la tensione che si colgono nella partitura. Impeccabile, sempre a livelli altissimi, il coro diretto dal maestro Alberto Malazzi. Bene anche il coro di voci bianche dell'Accademia teatro alla Scala istruito da Marco De Gasperi.

Successo travolgente, con picchi di applausi per Hernandez, Sartori, Enkhbat , Lungu e Bisanti.

Marco Sonaglia

(Teatro alla Scala 5 maggio 2024)