Recensioni - Opera

Sei notti di stelle al Teatro Romano di Verona

Dai raggi di luce dei Momix alle gags dei Robotboys passando per la mimica diLindsay Kemp

Un gala è sempre una sorpresa e, se strutturato in maniera eterogenea come questa, la serata risulta ancor più interessante, oltre che finalmente estiva. Sulle assi del palco si sono alternati grandi nomi della balletto, del tango e della danza in ogni suo genere e forma.
Ad ogni gruppo è stato probabilmente assegnato un certo numero di minuti in modo che tutti avessero le stesse possibilità di emergere, quasi come in un concorso o in una rassegna. In questo caso non ci sono né vinti, né vincitori, anche se ciascuno di noi avrà sicuramente apprezzato più un genere piuttosto che qualche artista in particolare.
 

Anche se di vecchia scuola, ma ormai classici nel loro genere, i Robotboys hanno divertito con le loro gags ed imitazioni; i loro movimenti, collocabili tra hip hop, break dance, commedia dell’arte e mimo classico, sono stati eseguiti con minuzia certosina, articolando i loro corpi fino alla punta delle unghie.
Spettacolari come sempre i Momix, che hanno presentato due a soli nel primo tempo, uno femminile ed uno maschile, ed un pezzo in coppia nel secondo. Rebecca Rasmussen è stata straordinaria nella presentazione dell’estratto di Bothanica: il cerchio di luce che le si è creato intorno come un’aureola, l’ha resa simile ad un angelo del paradiso dantesco e tutti hanno ammirato la sua bravura nel roteare come un derviscio per l’intera esecuzione del suo balletto. Steven Marshall ha stregato gli occhi della platea femminile col suo corpo scolpito al pari del David di Michelangelo: il suo cambrée all’indietro avrà certamente ispirato le innumerevoli combinazioni ideate dalla fervida immaginazione di Moses Pendleton, ma avrà fatto riflettere lo spettatore sulle quasi illimitate possibilità di movimento del corpo umano.
Bravi anche Melissa Hough e Yoel Carreño che si sono esibiti in Diana e Atteone nel primo tempo e nel Cigno nero nel secondo. Entrambi i pezzi sono stati presentati con passo a due, variazione maschile e femminile corredati da coda. Se la tecnica di entrambi è sembrata abbastanza sicura e le linee gradevoli e morbide, meno coinvolgente è stata invece l’interpretazione di entrambi, specialmente nel gioco di seduzione richiesto dal ruolo di Odile. Lui ha decisamente dei bei salti battuti e un buon manege, lei una magnifica tecnica di giri con fouttèes doppi e tripli.
Bella anche l’esibizione di Zotto e della Guspero, sebbene la differenza di età di lui rispetto alla sua partner e agli altri artisti sul palco si sia notata, fatta eccezione per Lindsay Kemp. Divertente la milonga, ma ripetitivo a volte nello stile un po’ troppo “saltellato” e ormai privo di attrattiva vista l’enorme diffusione del tango oggi, quando ormai tutti preferiscono i piedi che restano ben ancorati a prendere forza dal pavimento.
Briosa la pizzica che ha aperto lo spettacolo con la Compagñia Miguel Àngel Berna. Sospeso tra sogno e realtà l’apparizione di Lindsay Kemp in Traviata.


Sonia Baccinelli  31 luglio 2014