Recensioni - Opera

Servillo e Ballista per un austero Hofmannsthal

Due grandi interpreti al Festivaletteratura in una rigorosa lettura della Lettera di Lord Chandos

Appena entrati nel Teatro Sociale l’atmosfera che si percepisce è pesante, umida, irrespirabile. Evidentemente gli organizzatori del Festivaletteratura hanno scelto di rispettare severamente il protocollo do Kyoto, bandendo l’aria condizionata dalle manifestazioni al chiuso. Scelta lodevole, ma sicuramente controproducente: la gente si sventola, si muove, rumoreggia.

Calano le luci ed entrano i due interpreti della “Lettura con musica” della “Lettera di Lord Chandos” di Hugo Von Hofmannsthal: l’attore del momento, Toni Servillo, ed il meno noto alla platea (ma non per questo meno prestigioso interprete)  Antonio Ballista al pianoforte.
Terminati gli applausi di rito i due si sistemano sul palco: Servillo seduto ad un leggìo, di tre quarti rispetto al pubblico, Ballista al piano quasi di spalle, e non un movimento caratterizzerà il prosieguo della serata.
Una vecchia regola sulla recitazione sostiene che non tutti i grandi attori sono necessariamente grandi lettori e viceversa. Purtroppo Servillo, eccellente tanto al cinema quanto in teatro, non la smentisce: il suo approccio alla non facile Lettera, infatti,  non convince del tutto. Nella prima parte, complice forse l’emozione, il ritmo è molto veloce, le parole scivolano senza sedimentare, il tono è un po’ monocorde. Qualcosa cambia dopo la metà: la lettura rallenta, si percepisce maggiore empatia tra parola e testo, l’interprete, nonostante non si rivolga mai direttamente alla platea, coinvolge di più.
Tuttavia il pubblico, forse complice anche il caldo, è distratto, rumoreggia irrequieto per tutto lo spettacolo. Atteggiamento che ad ogni stacco musicale peggiora, quasi gli intermezzi pianistici fossero un momento di ricreazione o di distensione. Peccato, perché le musiche sono di altissimo livello, sia nella difficilissima selezione (brani sostanzialmente contemporanei alla stesura del testo di Hofmannsthal), sia nell’impeccabile interpretazione di Ballista. Dopo un programma basato su composizioni di matrice prettamente atonale di stampo post-impressionista, con riferimenti alla “Seconda Scuola di Vienna”, la conclusione è  affidata ad una tanto malinconica quanto rassicurante trascrizione dell’Adagietto della Quinta di Mahler.
Al termine lo stesso pubblico distratto che aveva fastidiosamente rumoreggiato per tutti i 50 minuti si è lanciato in una vera e propria ovazione ai due artisti. Ma se avesse ben chiaro il che cosa o il perché stesse applaudendo resta a questo punto un mistero.

Davide Cornacchione 6 settembre 2008