Si apre il sipario sulla sessantesima stagione di opera lirica allo Sferisterio di Macerata.
L'anno Pucciniano viene celebrato con un nuovo allestimento di Turandot in coproduzione con l’Opéra Grand Avignon. Come sempre la sera della prima è un evento mondano dove scorrono sfilate di vip, ma anche melomani incalliti venuti in arena per vedere, sentire e commentare ogni singola nota.
La nuova produzione vede la regia di Paco Azorín, che ha curato anche le scene. Uno spettacolo classico, dove emerge tutto il fascino orientale dell'opera. Una grande struttura architettonica sopraelevata e di colore rosso riempie il palcoscenico. Nell'edificio vive e si muove l'aristocrazia, sotto nella risaia lavora il popolo. A valorizzare l'ambiente c'è il grande lavoro di video e luci curati da Pedro Chamizo. Il muro diviene lo specchio (un chiaro omaggio alla Traviata di Svoboda) di quello che succede in scena, come un sistema di controllo messo in atto dal potere.
L'uso dei video mapping amplifica e crea suggestione (la morte di Liù accompagnata dalla pioggia è un momento particolarmente evocativo).
Ottimi e di grande gusto i costumi di Ulises Mérida, interessanti i movimenti scenici di Carlos Martos de la Vega che riecheggiano simbologie cinesi, con tanto di donne arciere che sottolineano l'odio di Turandot verso gli uomini.
Dal punto di vista musicale si è scelto di eseguire la versione originale incompiuta che termine con la morte di Liù. Ci ha lasciato però interdetti la scelta di aggiungere dopo qualche secondo il coro "O sole! Vita! Eternità!” che interrompe bruscamente il delicato e struggente finale, con l'orchestra che pianissimo svanisce.
Francesco Ivan Ciampa (che ritorna a Macerata dopo lo splendido Macbeth del 2019) si conferma come uno dei direttori più sicuri e precisi della sua generazione. Alla guida dell'orchestra filarmonica marchigiana ha saputo contrapporre alla consueta energia, a tratti violenta della partitura, un lirismo fatto di raffinate dinamiche, varietà di colori e tempi staccati sempre correttamente.
Potente, preciso e ben amalgamato il coro lirico marchigiano Bellini nei suoi numerosi interventi, diretto dalla grande professionalità del maestro Martino Faggiani. Validi anche i Pueri Cantores “D. Zamberletti” diretti da Gian Luca Paolucci.
Olga Maslova è stata un'imponente e convincente Turandot. La voce è sicura, fluida, omogenea nei vari registri, attenta a tratteggiare le complesse sfaccettature del personaggio che vengono amplificate da un'interpretazione scenica fatta di sguardi e gesti veramente incisiva.
Bene anche il Calaf di Angelo Villari. Il tenore mostra una certa solidità negli acuti, ma anche rifiniture che vanno a smussare il lato eroico del personaggio. Peccato per la romanza "Nessun dorma" che viene risolta con un finale troncato troppo presto.
Sinonimo di garanzia è l'ottima Ruth Iniesta che con voce luminosa, sfumature, eleganti filati, pregevole fraseggio, dona delicatezza e senso drammatico al personaggio di Liù. Riccardo Fassi è un Timur profondo, sonoro e di grande levatura.
Efficaci e ben amalgamati Ping Pong Pang, interpretati dai validi Lodovico Filippo Ravizza, Francesco Pittari e Paolo Antognetti.
Debole l'imperatore Altoum di Christian Collia, convincenti Alberto Petricca (un mandarino) e Mauro Sagripanti (il principino di Persia).
Sferisterio sold out in ogni ordine e grande successo di pubblico, con vette di applausi per Maslova e Iniesta.
Marco Sonaglia
(Macerata 19 luglio 2024)