Recensioni - Opera

Spumeggiante e modernissima “Villeggiatura”

La Trilogia della villeggiatura di Goldoni nell’eccellente allestimento di Toni Servillo inaugura la stagione del Grande Teatro.

Scrivere lodi incondizionate su uno spettacolo che ormai da tre stagioni sta riscuotendo consensi unanimi, incamerando premi e riconoscimenti e godendo del plauso generale è un po’ come versare acqua nell’oceano. Nonostante ciò, quando ci si trova di fronte ad uno dei migliori allestimenti goldoniani degli ultimi lustri, non c’è altro da fare se non unirsi al consenso generale.
Ed infatti gli applausi entusiasti e le ripetute chiamate alla ribalta che hanno accolto la Trilogia della villeggiatura di Goldoni, nell’allestimento firmato da Toni Servillo che ha inaugurato la stagione del Grande Teatro al Teatro Nuovo, non hanno fatto altro che confermare tutto ciò.
 

Rappresentare i tre testi aventi come tema la villeggiatura (ovvero Smanie, Avventure e Ritorno) nell’arco della stessa serata è, a mio avviso, il modo migliore per poter apprezzare quel raffinatissimo gioco di analisi e critica sociale creato da Goldoni in uno dei suoi capolavori assoluti.
Il pregio di questa nuova versione prodotta dai Teatri Uniti, in collaborazione con il Piccolo di Milano, è quello di aver saputo modernizzare Goldoni senza ricorrere a nessuno stravolgimento, forzatura o riadattamento in chiave contemporanea, ma semplicemente lavorando sul testo, sul ritmo e sula spigliatezza nel porgere la battuta, pur restando nei canoni di un allestimento assolutamente tradizionale.
Se mi è consentito un paragone un po’ azzardato, assistendo a questo spettacolo la sensazione provata è stata la stessa che ho avuto nell’ascoltare le sinfonie di Beethoven incise da Abbado con i Berliner Philharmoniker: ovvero un classico conosciutissimo, sentito innumerevoli volte ma riscoperto in una chiave assolutamente nuova, moderna ed attuale, nonostante la totale fedeltà alla partitura.
In un’ambientazione quindi rigorosamente settecentesca, essenziale nella scenografia e nei costumi, che poco o nulla concede agli effetti (solo due sobri stacchi musicali, peraltro funzionali ai cambi di scena), immersa in un sapiente gioco di luci che da solo basta a differenziare i vari ambienti, si muove una compagnia tanto affiatata quanto efficace nel saper rendere tutte le nevrosi e le insoddisfazioni da cui la borghesia (di allora come di oggi) è afflitta.
Giacinta, figura chiave della vicenda, è magistralmente interpretato dalla brava Anna Della Rosa, che è in grado di passare dal personaggio asciutto e sbrigativo delle Smanie al registro più intimo e malinconico del Ritorno, consentendo l’evoluzione della ragazza capricciosa a donna matura e consapevole.
I due rivali in amore sono rispettivamente Andrea Ranzi, ozioso e spiantato Leonardo, e Tommaso ragno, un indolente Guglielmo, tanto efficace quanto divertente nell’esprimersi quasi esclusivamente a monosillabi. Paolo Graziosi è un ingenuo e solare Filippo, Betti Pedrazzi interpreta una spumeggiante Sabina mentre Eva Cambiale è la capricciosa Vittoria.
Ottimo anche Giorgio Morra, nel ruolo di Fulgenzio, figura che, incarnando il rigore morale,si oppone alle follie della gioventù.
Toni Servillo riserva per sé il ruolo dello scroccone Ferdinando, offrendone una caratterizzazione estremamente accattivante e mai sopra le righe.
Al termine meritato trionfo per tutti (ma non avrebbe potuto essere diversamente).

Davide Cornacchione 3 novembre 2010