Recensioni - Opera

Tanti Auguri Rigoletto!

Leo Nucci festeggia al Teatro Regio i 50 anni di carriera nei panni del buffone verdiano nello storico allestimento di Pier Luigi Samaritani

30 anni fa debuttava a Parma Rigoletto nella produzione firmata nelle scene ed i costumi da Pier Luigi Samaritani con un cast di prim’ordine (Nucci, Kraus, Serra, Pertusi), cui ebbi la fortuna di assistere dal vivo; un allestimento al quale Leo Nucci è sempre rimasto legato, interpretando il ruolo del titolo in molte delle riprese successive. Ed è proprio con questo spettacolo che il Teatro Regio ha scelto di festeggiare i 50 anni di carriera di uno dei più grandi baritoni verdiani (e non solo) di sempre.

 

Il timbro indubbiamente ha perso parte di quello smalto che poteva sfoggiare nel 1987; la voce, soprattutto nelle note più gravi, denota qualche segno di affaticamento, ma la tecnica si conferma quella di un maestro e l’interpretazione quella di un artista straordinario. Grazie ad un registro acuto timbrato e squillante, risolve con estrema disinvoltura tutte le puntature di tradizione -l’edizione scelta non è quella critica- e ci regala un travolgente bis del “Sì vendetta” al termine del secondo atto. Le oltre 300 produzioni di quest’opera che lo hanno visto protagonista nel corso della sua carriera gli hanno permesso di maturare a tal punto il personaggio che Nucci sceglie di lavorare per sottrazione: il suo Rigoletto è misurato, essenziale, bastano pochi minimi gesti, uno sguardo, un’inflessione della voce per passare dal terrore per la maledizione all’apprensione del padre amorevole, alla rabbia per l’affronto subìto, in una grandissima lezione di teatro.

 

Al suo fianco Jessica Nuccio è una Gilda appassionata, grande fraseggiatrice, dotata di un bel registro centrale che risalta grazie ad un uso sapiente di filati e mezzevoci. Gli acuti non sono sempre perfettamente a fuoco, soprattutto se emessi a voce piena, ma questo non le impedisce di ottenere un meritato successo personale.

Stefan Pop al contrario è un duca di Mantova, dalla voce robusta. La salita all’acuto è risolta agevolmente ma il fraseggio è ruvido e privo di quella suadente morbidezza che il ruolo richiederebbe. Giacomo Prestia è uno Sparafucile incisivo, dotato di un registro grave pieno e corposo cui si affianca l’efficace Maddalena di Rossana Rinaldi.
Carlo Cigni è un imponente Monterone, mentre tra i comprimari spiccano la Giovanna di Carlotta Vichi ed il Marullo di Enrico Marabelli.

Francesco Ivan Ciampa alla testa dell’Orchestra dell’opera italiana è attentissimo a supportare i cantanti mantenendo un adeguato equilibrio di volumi tra palcoscenico e buca. La sua è una lettura ricca di accenti e sfumature bene assecondata dall’orchestra e dal sempre impeccabile coro del Teatro Regio diretto da Martino Faggiani.

Chiunque ami il teatro di tradizione difficilmente potrebbe trovare un Rigoletto che appaghi l’occhio più di questo. Splendidi i colori della festa del primo atto che richiama la pittura di Paolo Veronese, mentre il secondo, più solare è ambientato in un teatro ligneo rinascimentale, sullo stile di Sabbioneta e del Farnese di Parma; ma anche la casa di Gilda e, soprattutto, il tugurio di Sparafucile, ricavato da una torre diroccata hanno il loro indiscutibile fascino.
La regia, firmata da Elisabetta Brusa, non è particolarmente incisiva, procede infatti in modo lineare, forse anche troppo, limitando l’azione allo stretto indispensabile e sacrificando le masse all’immobilità.

Il pubblico che esauriva il Teatro Regio ha comunque dimostrato il suo apprezzamento riservando applausi entusiastici a tutti e vere e proprie ovazioni a Nucci.

 

Davide Cornacchione 14 gennaio 2018