
E si, purtroppo, siamo arrivati all’ultimo Nabucco di Leo Nucci!! Ultima recita non perché non ce la fa più … ma perché il Maestro vuole chiudere la sua carriera in piena forma, lasciando un indimenticabile ricordo della sua arte.
La regia minimale e le scene semplici hanno dimostrato, se ce ne fosse bisogno, che il successo delle opere lo fanno il direttore d’orchestra, l’orchestra, i cantanti, il coro e che lo spettacolo è eccezionale per questo, non per le regie e le scene, a volte assurde e completamente avulse dal contesto. E Leo Nucci, lasciato libero di agire sul palcoscenico, ha dimostrato di essere ancora un LEOne: Indimenticabili i soi giochi d’occhi, che sottolineavano il canto e gli davano incisività, i suoi sguardi, terribili, sfottenti, sorpresi, addolorati, disperati, le sue tonalità limpide, piangenti, tuonanti. In due parole : grande Nuccidonosor !
L’entrata di Nabucco nel tempio è caratterizzata dallo sguardo di sfida, durissimo verso gli ebrei sconfitti, sguardo che diventa terrificante quando Nabucco deve trattenere il suo furore perché la figlia Fenena è ostaggio del sacerdote degli ebrei Zaccaria che giura di ucciderla se lui profana il sacro Tempio. Il suo “ …si finga e l’ira mia più forte scoppierà !!“ è pronunciato sottovoce mentre con lo sguardo e con la spada ordina ai suoi di trattenersi. Quando finalmente la rabbia può esplodere , il suo “Saccheggiate !!! “ è potente e pieno della gioia del vincitore.
Nel secondo atto entra a riprendersi la corona che aveva affidato alla figlia Fenena: è deciso, lo sguardo è fermo, la voce di comando “Dal capo mio la prendi!”. Nabucco strappa la corona a Fenena, la indossa ed è pronto a colpire tutti, Ebrei e Babilonesi che si sono ribellati a lui e al suo potere. Nabucco vuole che i popoli tutti lo adorino, il gran sacerdote Zaccaria lo accusa di pazzo orgoglio, Nabucco lo condanna a morte, insieme col suo popolo. Ma Fenena gli dice che morirà anche lei con loro perché ha abbracciato la religione ebraica. Non ci vede più, si sente tradito da colei che lui ama e il suo delirio di onnipotenza lo porta a farsi proclamare “Dio!”. Indimenticabile come Leo Nucci riesce a veicolare questo passaggio da uomo potente a uomo atterrato e atterrito: nel proclamarsi “ Non son più Re, son Dio!” allarga le braccia ad indicare che tutti devono prostrarsi ai suoi piedi. Ma qualcosa di imprevisto colpisce il Re: un fulmine lo atterrisce, la corona cade a terra, lui è destabilizzato, perde l’equilibrio e crolla al suolo tremante. Gli occhi vagano alla ricerca di un punto di ancoraggio ma non lo trova. La lacrima che si asciuga è un altro gioiello: lui, uomo di potere che non aveva mai pianto ora è turbato da questa lacrima che scorga da sui occhi. La mente smarrita è evidenziata dallo sguardo fisso, il corpo contratto atterrato da una forza sconosciuta che non riesce a vincere . Il Re è spaventato, cerca il conforto della figlia, sviene.
Abigaille approfitta del turbamento generale per impossessarsi della corona ed autoproclamarsi regina. Siamo allo scontro tra Nabucco e Abigaille. Il Sacerdote di Belo e il popolo chiedono a Abigaille la morte degli Ebrei e lei vede in questa richiesta la possibilità di liberarsi di Fenena, l’erede legittima . Entra Nabucco con passo incerto, insicuro, sofferente, lo sguardo smarrito e vuoto: Abdallo lo sorregge, ma egli lo scosta. La sorpresa accende il volto di Nabucco quando vede una donna , che al momento non riconosce come Abigaille, nella sala del Consiglio. Leo Nucci si ferma di colpo e tra sé pronuncia con tono dubbioso: “Chi è costei, e qual baldanza!”. Il confronto fra il Re deposto e Abigaille, la schiava che creduta figlia di Nabucco dal popolo babilonese ha preso il potere, è uno dei momenti più drammatici di tutta l’opera e dell’interpretazione del baritono Leo Nucci . Abigaille fa uscire tutti e Nabucco ora è solo con questa donna sprezzante che lo assale, lo incalza, gli mette soggezione. Vorrebbe imporsi, ma non né ha né la forza, né il coraggio. Nabucco chiede con titubanza: “Donna chi sei?”. Lo sguardo è pieno di paura, mentre pronuncia con voce imperiosa la frase musicale “ ..da me ne avesti cenni, …o frode…” come risposta all’affermare di Abigaille di essere la custode del suo seggio. Abigaille approfitta della debolezza di Nabucco e lo attacca, chiedendogli di firmare la condanna a morte degli ebrei: sul volto di Leo Nucci compare il dubbio mentre pronuncia “m’ ange un pensier “ e vedendolo indeciso, Abigaille lo incalza accusandolo di essere un uomo che non fa più paura e che gli ebrei non lo temono. Si irrigidisce al pensiero di Fenena ma mette il sigillo. Sente suonare delle trombe e Abigaille gli dice che Fenena è condannata: Nabucco è come impazzito. Abigaille gli dice che ha un’altra figlia, lei stessa ,” Prostati, o schiava al tuo signor !.". Nabucco cerca nella veste il foglio che attesta che Abigaille è figlia di una schiava. Non lo trova e Abigaille gli strappa il foglio a pezzetti e glielo getta sul capo. Nabucco si inginocchia e cerca di ricomporre i pezzetti e con voce sommessa canta “ O di qual onta aggravasi, questo mio crin canuto……… O miserando vecchio, l’ombra tu sei del Re…..”
Ora sente di non essere più nessuno, si è reso conto che ciò che aveva di più prezioso era la sua figlia. Tenta di reagire, chiama le guardie con quell’ultimo vigore che gli rimane e all’udire di essere prigioniero, crolla. Con voce sommessa e supplicante attacca “Deh perdona ….”, momento catartico di tutta l’opera, musica straziante. Il Re ora è il padre che implora per la vita del suo cuor, sua figlia, indarno! La supplica “perdona a me” è la preghiera di un uomo che ha cambiato la sua visione del mondo, che invoca perdono, non per sé, ma per la figlia . Un uomo che ha modificato i valori che lo avevano guidato fin ora: al potere ha sostituito l’amore paterno. Siamo alla fine del cammino del Re e all’inizio del cammino dell’Uomo che si ricongiunge con Dio. Nabucco è prigioniero, si sveglia, non si rende conto di essere i carcere finchè non vede la figlia in catene condotta a morte : “E prigioniero io sono!“. Improvvisamente si ferma come se ascoltasse una voce, un richiamo, appena percepibile e ancora confuso: disperato, prega. Si rivolge al Dio degli Ebrei, quel Dio che credeva non esistesse e che invece si era dimostrato molto più forte di lui, che gli aveva tolto il senno e la forza fisica.
Ritrova se stesso e la preghiera diviene un atto di forza e non di debolezza, raccoglie tutta l’energia vitale rimastagli e con essa si collega all’energia universale. E’ veramente toccante come Leo Nucci rappresenta la presenza appena percepita da Nabucco: gli occhi seguono il danzare delle note, il richiamo del violoncello al flauto, come se la mente di Nabucco seguisse un filo invisibile che gli è stato lanciato come salvagente e lui stesse cercando di afferrarlo. “Dio degli ebrei, perdono ….” è pronunciato con voce sommessa, rotta dal pianto. Il risveglio che avviene dopo la preghiera che emenda l’uomo è rappresentato dall’ aprirsi del volto ed è evidenziata dagli occhi spalancati verso il nuovo mondo che gli si apre dinanzi. Il “ Tu m’ascolti… “ è pronunciato con tono misto a commozione e incredulità. Nabucco è nuovamente sé stesso, ma non è più l’uomo di prima, è una persona nuova, è rinato spiritualmente. “Porta fatale o t’aprirai ! “: è pronto ad affrontare il mondo intero per salvare la figlia. “O prodi miei, seguitemi “ veicola tutto l’ardore di Nabucco, questo ardore che trasmette ai suoi fidi. L’ “Andiam ! “ veicola la forza ritrovata e la volontà di essere prima padre che Re.
Ecco che il Re irrompe nel tempio a fermare il sacrificio della figlia e degli altri ebrei e racconta a tutti la propria esperienza, in modo che sappiano del miracolo che ha ricevuto dal Dio degli Ebrei. Egli è nuovamente Re, ma illuminato dalla fede e dalla lungimiranza: gli ebrei, i babilonesi, Nabucco, Fenena invocano l’immenso Jehovha.
Abigaille muore e come lei muore chi ha solo sete di potere e gloria e non conosce la forza del perdono, dell’amore, ma solo l’odio e la vendetta. Concludendo : “Non son più Re… “: Leo Nucci è un’icona inconfondibile dell’arte scenica e del recitar cantando, uno dei pochi Mostri Sacri dell’opera lirica. Infatti dona ogni volta la sua arte per rendere unica e irripetibile ogni serata, è capace di accompagnare il pubblico alla scoperta dei personaggi che interpreta, trasmettendo le emozioni provate così da far vivere a chi assiste l’opera “in prima persona”, come se si fosse sul palcoscenico. Lui sarà sempre il Re, il Re del palcoscenico: grazie.