Recensioni - Opera

Torino: ironia e folklore per il Don Pasquale

Efficace ripresa dello storico allestimento di Ugo Gregoretti

Il Teatro Regio di Torino decide di riprendere lo storico allestimento di Don Pasquale che Ugo Gregoretti creò nel 1988 e lo fa affidandolo a Riccardino Massa, collaboratore al tempo con il regista e con lo scenografo e costumista Eugenio Giglielminetti.

Il risultato di questa ripresa si è rivelato particolarmente felice in quanto, perfettamente adattandosi al cambiamento di gusti e fruizione da parte del pubblico, Massa non ha né tradito né tantomeno banalizzato l’impianto originario mantenendone inalterato lo spirito.

Gregoretti era partito per questa sua produzione da una romanità perfettamente percepibile attraverso le stampe ottocentesche che i viaggiatori del Gran tour ambivano acquistare quale ricordo del loro prestigioso viaggio nel Belpaese (testimoniato in questo allestimento dalla presenza in alcuni momenti di un "turista" intento a riprodurre le meraviglie della capitale); in quest'ottica la scenografia, a metà tra il folklore ed una sua interpretazione sempre ironica e intrisa di nonsense, perfettamente tratteggia lo spirito della partitura costantemente vivificata da un gioco scenico con gli interpreti cesellato ed approfondito.

In questo caso l’eccellente cast presente in palcoscenico non faceva che potenziare l’intuizione registica originaria arricchendola con controscene mai pretestuose ma sempre misurate e perfettamente congeniali al testo.

Nicola Alaimo delinea un Don Pasquale davvero eccellente sotto un profilo musicale e scenico. Privo di ogni vezzo di maniera ma concentrato su di una raffinata caratterizzazione del suo personaggio, in cui così bene l’archetipo del buffo cede il passo alle ombre dell’introspezione, Alaimo ne scava in profondità la natura mettendone in evidenza le peculiarità attraverso un’interpretazione meditata e di grande misura.

In linea con questo equilibrio esecutivo il Malatesta di Simone Del Savio (irresistibile il duetto Atto III con Don Pasquale) che, attraverso un uso sapiente della sua bella vocalità, ricerca e trova felicemente i tempi comici delle grandi spalle del teatro, creando ad ogni sua comparsa un arguto siparietto.

Maria Grazia Schiavo delinea con la sua Norina un raffinato cameo, pur sembrando a tratti anteporre l'interpretazione vocale ad una più ricercata disinvoltura scenica.

Antonino Siragusa quale Ernesto ha confermato la sua professionalità anche se a un artista del suo valore si richiederebbe un più omogeneo uso di fraseggio ed accento, in questa occasione mostrato prevalentemente nell’ultimo quadro.

Gustoso il notaio delineato da Marco Sportelli.

Molto bene il Coro del teatro diretto da Ulisse Trabacchin.

Vibrante attraverso l’eleganza frizzante della sua maliziosa bacchetta, Alessandro De Marchi alla guida dell’Orchestra del Regio ha sottolineato con estrema cura i contrasti cromatici di questa partitura in cui così ben traspare, tra pizzi e merletti, lo spirito del Romanticismo.

Torino, 30/01/2024