Recensioni - Opera

Tosca: la storia dell'opera

Alle radici del capolavoro di Giacomo Puccini

Tosca è un’opera lirica in tre atti ispirata al dramma teatrale La Tosca di Victorien Sardou, rappresentata nel 1887 al Théatre de la Porte-Saint-Martin di Parigi, con la partecipazione della celebre attrice teatrale e cinematografica Sarah Bernhardt, che ne decretò in larga parte il successo. Il dramma fu poi rappresentato a Milano al Teatro dei Filodrammatici i primi mesi del 1889. Puccini rimase molto colpito dal soggetto e manifestò il desiderio di farne un’opera, prendendo contatti con l’editore Giulio Ricordi affinché si occupasse della questione dei diritti con l’autore.

Nell’ottobre 1894 Ricordi concluse le trattative per la cessione dei diritti sul testo alla presenza di Sardou, di Giuseppe Verdi (a Parigi in quei giorni per la prima francese dell’Otello) di Luigi Illica, che aveva predisposto un abbozzo del libretto e del musicista Alberto Franchetti.

Inizialmente il progetto fu affidato proprio a Franchetti poiché Sardou non apprezzava la musica di Puccini ed aveva accolto molto freddamente la candidatura del musicista lucchese alla realizzazione della partitura.

Tuttavia, dopo pochi mesi Franchetti rinunciò, dichiarandosi inadatto al compito, sicché Ricordi decise di affidare a Puccini la composizione dell’opera, non appena avesse terminato la Bohème.

Nella primavera del 1896, dopo il grande successo di Bohème, il compositore lucchese iniziò a lavorare al progetto avvalendosi anche della consulenza dello scrittore e drammaturgo Giuseppe Giacosa per aggiustare il libretto.

Il soggetto originale infatti aveva cinque atti ed era molto incentrato sul quadro storico risorgimentale in cui si svolgeva la vicenda, ma poiché Puccini voleva concentrarsi principalmente sul triangolo amoroso Scarpia- Cavaradossi-Tosca, fu necessario semplificare la trama, eliminando molti dettagli storici e molti personaggi secondari, tra cui anche il celebre compositore Giovanni Paisiello, che sarebbe stato insegnante di musica per Tosca!

La riduzione da cinque a tre atti produsse qualche incongruenza logica nella trama, cosa che Giulio Ricordi fece notare a Puccini, soprattutto relativamente allo svolgimento del terzo atto che risultava troppo precipitoso temporalmente. Tuttavia, il livello artistico della musica è tale da far trascurare qualsiasi difetto in questo senso.

L’opera fu terminata per la fine del 1899 e fu rappresentata proprio al Teatro Costanzi, oggi noto come Opera di Roma, il 14 gennaio 1900, con il soprano Hariclea Darclée nel ruolo di Tosca, il tenore Emilio De Marchi nei panni di Cavaradossi e il baritono Eugenio Giraldoni come Scarpia. Alla vigilia dello spettacolo, Giulio Ricordi non potendo essere presente, inviò a Puccini un telegramma con le seguenti parole:

 

“Maestro Puccini. Teatro Costanzi. Roma.

Sono presso Lei col cuore.

Auguri. Abbracci. Evviva.

Giulio.”

L’evento fu inizialmente funestato da una serie di problemi: si era sparsa la voce che qualcuno avesse messo una bomba al teatro, per cui quando qualche spettatore ritardatario fece un po’ di rumore in platea, il direttore d’orchestra fuggì facendo calare il sipario. Chiarito l’equivoco, la rappresentazione iniziò daccapo. Tuttavia, il pubblico si mostrò un po’ freddo e gli applausi finali furono poco calorosi. Anche le critiche della stampa che ritennero Tosca troppo discostata dalle precedenti opere di Puccini confermarono un’accoglienza un po’ fredda. Nel giro di pochi anni comunque il successo divenne mondiale con rappresentazioni nei maggiori teatri del mondo.

La partitura della Tosca è ricchissima di spunti e di dettagli che sono riconducibili allo stile verista di Puccini. Durante la composizione dell’opera, avvenuta a Chiatri, tra Lucca e Viareggio, dal giugno 1898 al settembre 1899, egli cercò di reperire il più possibile informazioni su Roma, le sue tradizioni musicali, la città, le atmosfere, sia di persona che tramite amici ai quali chiese lumi. Ad esempio, si fece procurare il tema del Te Deum suonato all’epoca nelle chiese romane, cercando anche di reperire i testi originali dei canti liturgici (cosa che non essendogli riuscita completamente lo costrinse a far da sé, in parte, cercando frammenti tra le sacre scritture). Lo stornello del pastorello all’inizio del terzo atto si ispira agli stornelli romani ed il testo fu scritto in romanesco, seguendo uno schema metrico imposto da Puccini stesso. Le campane del terzo atto furono ascoltate dal vivo dal compositore che si recò a Castel Sant’Angelo di buon mattino per coglierne il suono. Gli furono forniti anche bozzetti dei costumi indossati dalle Guardie Svizzere e notizie sulle processioni per il Te Deum nelle chiese romane.

Un altro aspetto interessante, tra i mille possibili, è l'uso dei Leitmotiv tanto cari a Wagner, che in quest’opera risultano particolarmente efficaci e pervasivi. Ad esempio, il tema di Scarpia, forse il vero protagonista di questo dramma. Sono in effetti i tre accordi con cui si apre l’opera, ma il tema compare continuamente: mentre Angelotti si aggira per la chiesa di Sant’Andrea della Valle in cerca della cappella Attavanti, all’entrata in scena di Scarpia nel primo atto. Persino dopo la morte di Scarpia, il tema ricompare nello stornello del pastorello all’inizio del terzo atto. Anche il sagrestano ed Angelotti sono associati ai rispettivi temi, mentre per Cavaradossi e Tosca i temi sono molteplici e si trasformano in funzione delle situazioni e dell’evoluzione dei sentimenti vissuti dai protagonisti. Ad esempio, il tema della sofferenza di Cavaradossi nel secondo atto, trasposto in modalità maggiore diventa il tema della libertà del duetto con Tosca del terzo atto (“Via pel mar!”). Il tema dell’alba su Roma con cui si apre il terzo atto, diventa poi la marcia militare finale prima dell’esecuzione del prigioniero. Questa specifica caratteristica di trasformazione dei Leitmotiv è un’idea originale e straordinaria di Puccini che contribuisce a rendere eccezionale quest’opera.