Recensioni - Opera

Tre perle di danza

Un trittico di classe per Aterballetto al Teatro Ponchielli

Impegno serio, tanta passione per la danza moderna e contemporanea, coraggio puntiglioso ed indomabile nel perseguire la sua arte, abnegazione e professionalità nel lavoro, gusto della ricerca e della sperimentazione, volontà e carattere nel mantenere alto il livello delle produzioni ... Sono alcuni dei valori che Aterballetto incarna e numerosi i meriti di cui si può fregiare a livello nazionale ed internazionale.
In un panorama sempre più scarno di valori e produzioni coreutiche nostrane, questa compagnia si distingue per la professionalità e il livello con cui tenacemente marca la scena della danza rappresentando, spesso, l' Italia nel panorama mondiale.


Nata nel 1977 e distintasi fin da subito sotto la guida di Amedeo Amodio, con la direzione artistica, negli ultimi anni, prima di Mauro Bigonzetti e poi di Cristina Bozzolini, la Compagnia Aterballetto di Reggio Emilia continua a stupire l'affezionato pubblico della danza in generale e di quella contemporanea in particolare, con ottime novità coreografiche e riproposizioni dal suo vasto repertorio. Dotata di un corpo di ballo ormai rodato, costituito da giovani e blasonati artisti, provenienti altresì dall'estero e tutti dotati di un prestigioso curricolo, Aterballetto mercoledì 20 aprile (2017) ha portato al Teatro Ponchielli di Cremona un trio di perle della danza contemporanea.

Caratterizzate da una intelligente rarefazione della musica, della scenografia e delle luci, per favorire al meglio il corpo dei danzatori e lo spazio dell'azione, le tre coreografie ci hanno mostrato una compagnia matura, in grado di affrontare con perizia, competenza e ispirazione, i difficili orizzonti, a volte assai pericolosi, della danza contemporanea. Abbiamo così goduto delle capacità individuali e delle potenzialità del gruppo, della genialità di giovani talentuosi coreografi e di quella di maestri ormai entrati nella storia.

Il tutto sempre al servizio di una riflessione composta e riverente verso una libertà espressiva che se predilige la costruzione delle pieces attraverso l'improvvisazione, aprendosi ad ispirate figurazioni e movimenti pulsanti, dove l'ansare dell'artista o il scivolare l'uno sull'altro dei corpi, diventano elementi simbolici profondamente evocativi e coinvolgenti, sapientemente plasmati nel respiro dei supporti musicali, a volte viene sacrificata da un eccessivo uso del controllo posturale e gestuale, e dell' "attitude", che rallentata il ritmo e rischia di appiattire, appunto, l'espressività e la varietà stilistica della performance, quando viene reiterato, specie nei passi a due.
Tre coreografie dove, comunque e sempre, i personaggi sono Musica e Danza !
Mentre costumi e luci sono, con grande merito dei loro ideatori, sapientemente trattenuti a sostenere e incorniciare i protagonisti veri dell'evento : i corpi in movimento sulla scena !

Apre le danze PHOENIX, una coreografia di Philippe Kratz, trentaduenne tedesco da anni componente della compagnia, presentata in anteprima con le musiche elettroniche di Borderline Order, nella quale 
l'intenzione artistica è quella di " ... prendere parte a un eterno movimento ciclico fatto di nascita, crescita, stasi, morte e, infine, di nuovo nascita. (...) Ma in che modo ci colleghiamo a questa forza interiore? Forse è spingendoci oltre i nostri limiti o rischiando il nostro stesso annientamento che possiamo, con coraggio, giungere a una più ampia comprensione (e compassione) di ciò che eravamo e cosa, alla fine, potremo diventare."  E' quindi un processo metamorfico quello nel quale ci troviamo immersi in quadri di luci deputate, costumi semplici dei colori della terra e del fuoco, attraversati da musica cadenzata, con l'alternanza di numerosi quadri dove da soli, in due, in 3 o in gruppo, i danzatori offrono i mutamenti del circolo solare, dove l" Uccello di Fuoco", la Fenice di mitica memoria, non solo in occidente, offre il suo Sacrum Facere tra Vita e Morte, ritmi spezzati e lenti, guizzi e cadenze, prese aeree e finale in crescendo diacronicamente alla musica, dove si alternano il coro pieno alla polifonia dei gruppi separati negli angoli, con sprazzi di memoria che ricordano le entrate degli automi saltellanti di Pina Bausch, per terminare con l'assolo ansimante di un saltante.

 14' (PRIMI) 20'' (SECONDI), è la seconda coreografia presentata e firmata dal grande Jiri Kylian, una pièce tratta dal suo enigmatico lavoro : 27'52''. Un pas de deux dove, nonostante i temi musicali siano ispirati a Gustav Mahler, la musica di Dirk Haubrich è in gran parte costituita da rumori ed effetti e da recitativi espressi in una sorta di gramelot franco prussiano, in un percorso che dai sibili iniziali diventa atmosfera rarefatta, metallica e sospesa, dove la matrice da noi compresa è quella dell'attesa. " Il titolo 14'20" deriva semplicemente dalla durata di questo pezzo ... " precisa il coreografo, chiarendo che: " ... Ci insegnano che il 'tempo' è solo un’invenzione degli esseri umani. Tutto ciò è possibile, ma una cosa è certa: il nostro tempo è scandito da due brevissimi momenti, il momento in cui nasciamo e quello in cui moriamo. L’opera che ho realizzato non riguarda solo il 'tempo'. Affronta anche altri temi quali la 'velocità', l’'amore' e l’'invecchiamento'. In effetti è tutto molto semplice, ma anche incredibilmente complicato e, di sicuro, totalmente inspiegabile." Una proposta dove dal buio dei due corpi, maschile e femminile, pantaloni di raso scuro d'oriente vaporoso, col busto nudo cangiante entrambi, lei prima splendidamente abbandonata di schiena sul fondale, lui fremente sul proscenio a segnare il posto, per celebrare, poi, il trascorrer del tempo, in passi a due fatti di prese morbide e sinuose, passaggi tra dialoghi di braccia e sollevamenti, sempre fluenti nei passaggi rotanti e lenti e morbidi nei distacchi, con punte tese nei scivolamenti sul pavimento plumbeo, nero e profondo come la gola di un buco nero ... In un bellissimo gioco di corpi che si attraggono e respingono, più avanti, in un grande quadro dove il fondale verdegrigio è percorso da luci che proiettano enormi ombre di blu cobalto e verde cinabro, gigantesche, vere protagoniste di quel fluir delle lancette, che se anche "... il tempo non esiste..." ricordan sempre la materialità dell'essere e il consumare l'energia attraverso il corpo, il gesto, la re-l-azione. Dialogo a due, lungo ... che dura una vita, staccato, unito, sensuale e complice nel duo, sospettoso e distante nel singolo ... Separato ... Cammino, scandito da due esistenze che si spengono infine sul fondale, prima lui e poi lei, coperti da un oscuro grande sudario buio rilucente che li unisce alla terra.

BLISS, di Johan Inger è l'ultimo evento della sera, che conclude la stagione delle Compagnie di Danza del Teatro Ponchielli di Cremona, sottolineato dalla musica magnetica del "Concerto di Colonia" di Keith Jarrett. Un lavoro interessante che coinvolge gran parte della Compagnia Aterballetto e che inizia a luce piena, col palco rivelato ed i quintoni neri raccolti a svelare attrezzature e casse, corde tese, scale e macchinari e i muri bianchi del teatro dietro il palco, a mostrare la natura vera del retroscena, in un "on stage" dove lo spettatore viene com-preso nell'evento e non solo reso testimone; dove lo spazio deputato non è più intellettivo, ma si materializza e confonde con la concretezza del reale. E noi diventiamo quei " ... 'principianti' l'uno nei confronti dell'altro e nei confronti della musica che darà voce a questo nuovo incontro", com'è nelle intenzioni del coreografo svedese, collaboratore da anni del Nederlands Dance Theater, vincitore di numerosi premi e i cui lavori sono ormai da anni presenti nei cartelloni della danza mondiale. Ed ecco il palco trasformarsi in una casa, illuminata a giorno, che poi diventa una piazza, quotidiana, dove una vita magica trascorre morbida e flessuosa. La giornata inizia con una coppia di maschi che si desta, poi due donne, viventi in pose plastiche sempre più intrecciate nei movimenti a 4 e poi di gruppo. Calano le luci ed è la sera dell'evento, si ritorna all'artificio dell'Arte e dal presente al simbolico, dal quotidiano astratto all'extraquotidiano, dove la musica del pianoforte diventa liquida nei pas de deux e poi, dopo una pausa lunga, ritmica e circolare, quasi un bolero, con coppie che si alternano dal buio dell'esterno alla luce del centro, in un' arena di passioni, pulsioni, seduzioni. I costumi sono al servizio dei corpi, la luce minimale li esalta e valorizza. Un ritmo, battuto al pianoforte, rimanda al canto 'Don't let me down' dei Beatles e risveglia il quotidiano che ritorna, con l'alternarsi dei corpi dialoganti, su un palco tornato ad essere piazza e non più scena, con luci a giorno e corpi in movimento che tessono relazioni. Sprazzi di varia umanità, con noi passanti seduti in panchina ad osservare un giardino di alberi viventi, umani tra gli umani ...  Un gruppo d'automi saltellanti tutti su di un lato, una coppia ed un trio che dialogano in centro, gruppi di coppie che si incontrano e vivono le loro storie con prese e movimenti aerei, contatti sempre teneri e morbidi, movimenti dolci, sinuosi che si alternano a distacchi ed a tensioni, con gli artisti che entrano, vanno, ritornano e infin tutti presenti, in un fluire di immagini e cammini  in questa sorta di "nuovo incontro" insieme a noi.

Un reiterato riconoscimento del pubblico premia i 17 danzatori e gli ottimi ideatori e tecnici, che invisibilmente, ma presenti anche loro, ci han donato questo bell'evento.
Un plauso doveroso va riconosciuto all'Aterballetto che giustamente la Regione Emilia Romagna ed il Comune di Reggio Emilia sostengono come Centro di Produzione Danza, affinché continui questo cammino difficile, ma sorgivo e prezioso in un mondo sempre più arido di Arte.

Gianluigi Vezoli 19 aprile 2017