Recensioni - Opera

Trionfa a Cremona l’Ulisse padano

Un nuovo riuscito allestimento del Ritorno di Ulisse in patria ha inaugurato al Teatro Ponchielli il Monteverdi Festival 2022

È un Ulisse padano, vicinissimo a noi, quello che ha inaugurato al Teatro Ponchielli il Monteverdi Festival 2022. La nuova edizione del ritorno di Ulisse in patria di Claudio Monteverdi si apre con l’immagine del protagonista spaesato, approdato sulle rive di un Po in secca, alla ricerca di un punto di riferimento, mentre il Palazzo Reale nel quale Penelope lo attende difendendosi dalle insidie dei proci è il teatro Ponchielli stesso.

L’azione si svolge perlopiù a proscenio o in platea, mentre l’orchestra (l’eccellente Accademia Bizantina) diventa una sorta di orchestra di corte destinata allo svago degli ospiti.
Nella regia di Luigi De Angelis, autore anche di scene luci e video, Ulisse scende dal piedistallo di archetipo e diventa personaggio umanissimo: uno di noi che abita il nostro tempo e il nostro territorio, in una regia moderna che tra simbolismo ed azione annulla le barriere tra pubblico ed interpreti attualizzando il mito. Punto d’arrivo di questa interpretazione, che si avvale della drammaturgia di Chiara Lagani, è il momento in cui Ulisse fa strage dei Proci con il suo arco. Non a caso tutte le scene precedenti legate al mondo degli umani sono ambientate in una sorta di poligono di tiro in cui anche gli animali che occupano gli spazi all’aperto sono visti come sagome per bersagli, mentre il mondo degli dei è una realtà stilizzata, ai limiti del kitsch, a sottolinearne la vacuità.
Importante, ma sempre appropriato e mai invadente, l’utilizzo delle videoproiezioni che contribuiscono a caratterizzare un ambiente, come i fiori rigogliosi nella scena di Eurimaco e Melanto, quando non diventano parte integrante dell’azione come nel suggestivo inseguimento in soggettiva dei Proci da parte di Ulisse nei corridoi del Ponchielli. La modernità del testo di Giacomo Badoaro e della musica di Monteverdi emerge anche grazie allo straordinario lavoro sui protagonisti: la sensazione è che questo sia uno dei (purtroppo rari) casi in cui regista e direttore abbiano lavorato in proficua simbiosi creando un perfetto equilibrio tra parola, musica ed azione.

Se l’aspetto visivo convince, altrettanto si può dire di quello musicale, grazie all’eccellente concertazione di Ottavio Dantone alla testa di un’ispiratissima Accademia Bizantina. Il meticoloso scavo sulla parola, sempre intelligibile ed espressiva, non è mai andato a discapito di una straordinaria musicalità. Ricchezza di accenti ed elasticità nelle dinamiche hanno creato un perfetto equilibrio tra componente lirica e drammatica in una lettura moderna e coinvolgente.
Eccellente il cast. Mauro Borgioni è un Ulisse dal timbro brunito e di grande espressività, estremamente credibile nel rendere un uomo provato dalla fatica ma ancora desideroso di riscatto. Nonostante la voce non sempre potentissima, Delphine Galou si fa apprezzare per una linea di canto impeccabile ed un fraseggio ricco e screziato. La sua è una Penelope dolente che anche quando è sola riempie la scena. Magnifico per resa vocale ed interpretativa l’Iro di Bruno Taddia e molto credibile ed affiatata e anche la coppia formata da Alessio Tosi (Eurimaco) e Gaia Petrone (Melanto). Efficaci sia vocalmente che scenicamente i tre Proci ovvero Francesco Fernandez Rueda, Enrico Torre e Roberto Lorenzi (interprete anche del Tempo) come l’Ericlea della sempre brava Anna Bessi. Ottimi anche gli altri interpreti: Anicio Zorzi Giustiniani (Telemaco), Raffaella Milanesi (Giunone), Vittoria Magnarello (La Fortuna), Gianluca Margheri (Giove), Federico Domenico Eraldo Sacchi (Nettuno), Giuseppina Bridelli (Minerva).
Al termine, ovviamente, un trionfo.