Recensioni - Opera

Trittico del Novecento tra luci ed ombre

Trittico Novecento, andato in scena sabato 19 novembre alle 20.30 al Teatro Filarmonico di Verona ha un po’ deluso i suoi spettato...

Trittico Novecento, andato in scena sabato 19 novembre alle 20.30 al Teatro Filarmonico di Verona ha un po’ deluso i suoi spettatori, specialmente l’attesissimo Pulcinella.
Il pezzo migliore è stato senz’altro il primo, Drowning by numbers, coreografato da Matteo Levaggi sulle note della dalla Sinfonia concertante per violino, viola ed orchestra di Mozart riorchestrata splendidamente da Michael Nyman.
I nove danzatori hanno saputo emozionare il pubblico, anche se erano evidenti alcune imprecisioni stilistiche e sfasature ritmiche. Il nuovo linguaggio del coreografo infatti non è stato perfettamente assorbito dai danzatori veronesi che necessitano ancora di mettere a punto la personalità di questo pezzo che ha senz’altro dei passaggi molto belli e fluenti. Matteo Levaggi ha certamente fatto un’ottima scelta musicale, colta ma anche molto attuale: la tendenza a fare un mix musicale che va oltre al tempo e agli stili è tipica di artisti del calibro di Kylian e Forsythe. Forse la scelta non è audace, ma il coreografo dimostra di avere idee chiare e ben delineate in un trittico che nel suo complesso risulta piuttosto nebuloso.
Particolarmente suggestive le luci di Paolo Mazzon e la semplice scenografia (peraltro adattissima alla stagione: otto foglie di platano incorniciate in un finto quadro).

Pulcinella è stato veramente deludente: forse noi non abbiamo capito le idee della coreografa, Paola Vezzosi, oppure ci aspettavamo qualcosa di più simile a quello che normalmente siamo abituati a vedere. Fatto sta che il balletto avrebbe potuto intitolarsi in qualsiasi altro modo e la musica di Pergolesi, riorchestrata da Igor Stravinskij era solo un pretesto per un’azione coreografica poco definita.
L’intento di Diaghilev con i Ballets Russes era quello di lasciarsi alle spalle l’idea del balletto a serata intera per inventarsi serate a più titoli (di solito tre): lo scopo era quello di dare al pubblico sensazioni multiple circondandosi di artisti e coreografi di tutto rispetto: Fokine, Nijinskij, Lifar, Massine e Balanchine. I suoi scenografi/costumisti erano niente meno che Picasso, Benois, Bakst, Groncharova, Matisse ed egli arrivò a realizzare il suo scopo di un programma estetico di un gruppo, una sorta di sinestesia totale di tutte le arti attraverso il mezzo della bellezza, nozione derivata dalla teoria di Wagner del Gesamtkunstwerk. Ma il Pulcinella di Paola Vezzosi quale teoria sottende? Quali sensazioni vuole suscitare? Se, come pare è stato smontato, poi si è dimenticata di ricomporne i pezzi… e l’irritazione e la noia sono le uniche emozioni che passano.

Aubade con musica di Poulenc e coreografato da Maria Grazia Garofoli, si ispira alla leggenda di Diana, dea cacciatrice condannata alla castità. “La caccia, scrive la coreografa, come viaggio incessante e affannoso alla ricerca di noi stessi, verso noi stessi e gli altri…ragion per cui siamo sempre nel medesimo tempo promotori e obiettivo della caccia, i cacciatori e le prede”. I pezzo è stato ben interpretato dai danzatori veronesi, già abituati allo stile della Garofoli e, per una volta, Giovanni Patti, non era l’unico nella parte del “cattivo”.

Sonia Baccinelli 19/11/2005